domenica 31 luglio 2016

Golpetti postali trevigiani

"La firma di questo Accordo, che formalizza una collaborazione pluriennale con la Polizia Postale, 
è un importante tassello nella realizzazione di un sistema integrato pubblico-privato finalizzato all’implementazione di sistemi di monitoraggio e valutazione dei potenziali scenari di rischio legati alla minaccia cyber". Mirko Gatto AD Yarix


Foto Yarix


In effetti il patto di collaborazione tra Ministero dell’Interno e Yarix, che prevede oltre alla fornitura di software e all’assistenza tecnica, anche la formazione degli agenti della polizia postale, risale a parecchi anni fa. Yarix è un’azienda all’avanguardia nel settore e che può vantare alleati preziosi in America ed Israele. Più che di un partner tecnico per la polizia, si tratta di un vero e proprio supporto investigativo.
L’allargamento degli orizzonti operativi della collaborazione con la polpost è una evoluzione naturale realizzata anche con altre aziende. Ma gli accordi solitamente vengono perfezionati a livello centrale e resi noti con comunicati stampa abbastanza rituali.
La differenza nel caso in questione, sta nella speciale relazione che si è instaurata negli anni tra Yarix, sindacati di polizia che hanno sposato in modo molto lungimirante la causa della polizia postale e il comparto trevigiano della polpost. Comparto che da quando si è iniziato a parlare di riassorbimento (e non di cancellazione come molti, in maniera strumentale, sono soliti fare) era tra quelli in predicato di sparire. Infatti proprio la Yarix, attraverso un comunicato ufficiale qualche anno fa, si schierò in maniera molto netta contro la risoluzione.
In queste ultime settimane, nelle quali si torna a parlare di chiusura delle sezioni, evidentemente il Questore e il comandante del locale comparto, hanno inteso inviare un messaggio forte al ministero e ai direttori centrale e della specialità.

Sgalla e Di Legami, che hanno avuto un alleato potente nel prefetto Pansa contro i sindacati di destra, si ritrovano nuovamente in una fase di stallo nel momento in cui dovrebbero oramai porre fine alle polemiche e dare corpo ad una riorganizzazione efficace della polizia delle comunicazioni che non ha ragione di esistere sul territorio se non nelle realtà giudiziarie distrettuali. Il resto del lavoro va svolto all’interno delle squadre mobili.
Cedere ad un ennesimo ricatto significherebbe depotenziare l’attività di contrasto al crimine svolta dall’intera polizia di stato e non solo quella di cui si fa carico la polpost. Inoltre dinamiche simili rischiano di danneggiare i rapporti con il privato e di garantire alle aziende e alle lobby politiche, pericolose sfere di influenza all’interno della galassia della sicurezza.
Si tratta di una questione che i due direttori devono affrontare una volta per tutte e in maniera decisa, così da scongiurare ulteriori rigurgiti.


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