giovedì 26 maggio 2016

L'integralista che va a messa e fa piangere i bambini

Oggi divide la passione politica con le incombenze del nonno e le preoccupazioni del genitore. «Vivo questa conversione non male, ma malissimo racconta a Il Giornale perché è una religione troppo dura, troppo radicale, troppo rigida. È una religione integralista. L'ho constatato di persona, mia figlia vive con me. La vedo tutti i giorni. Quando è l'ora della preghiera, addirittura non si bada nemmeno ai bambini. Per questo, mi è capitato di arrabbiarmi con lei. Se un bambino piange, significa che ha bisogno di qualcosa, ha bisogno della mamma. Questo è fanatismo. Questo è il dolore che provo per questa sua scelta di vita». Qualche mese fa, in chiesa, Aysha non gli ha stretto nemmeno la mano in segno di pace, al termine della messa. «Immaginate come può sentirsi un padre».Di Meo il Giornale

Quando si parla di Islam radicale il riferimento è ad una visione politico-militare molto estrema che sta alla base del fondamentalismo e dalla quale scaturisce la violenza indiscriminata di cui abbiamo testimonianza sempre più spesso di questi tempi. L’hijab non è altro che il velo che copre il capo ed è un obbligo. Non tutte vi aderiscono e spesso non per volontà propria.
Infatti mi pare che Aicha indossi quello fondamentalmente. C’è nel suo profilo Facebook una foto in cui copre anche il volto, ma sempre tenendo bene a mente che un profilo social non è affatto indicativo del profilo reale del soggetto in questione, a me pare, pur non conoscendola, che siamo di fronte ad una persona di un elevato livello culturale e molto aperta. Una donna abituata a viaggiare non solo da un aereoporto all’altro ma soprattutto con la mente. La sua passione per la terra del marito è anche indicativa di ciò. Peccato che non le sia stata data voce.
Non si capisce se le dichiarazioni che avrebbe fatto il padre, sono frutto di un intervista, di una semplice chiacchierata o anche di qualche incontro elettorale pubblico. Mi pare che nel contesto, questo episodio dei bambini lasciati a piangere perché la madre doveva andare a pregare, strida un pò con l'immagine di una musulmana che tra l'altro sta anche facendo campagna elettorale assieme al padre. Ricordiamo le polemiche di questi giorni tra le varie scuole di pensiero a proposito della candidatura di Sumaya a Milano. Il musulmano radicale doc vede come fumo negli occhi l'impegno in politica in nazioni non governate dalla Sharia.
Nemmeno in Arabia Saudita, che è una terra molto meno radicale di quanto si creda o si voglia far credere, accadono episodi simili. Alla base dell’Islam, che è un modo di vivere piuttosto che una religione, c’è l’armonia fisica e spirituale. Inoltre è difficile pensare che per una qualsiasi delle religioni abramitiche, una preghiera fatta mentre si è lasciato soffrire il proprio bimbo, possa venire accettata da Dio.
L’impressione generale è che il babbo, che vive ancora come tanti genitori di convertiti per di più sposati ad uno straniero , con molto rammarico questa scelta della figlia, abbia ricamato un po’ sulla questione usandola anche come un modo per fare campagna elettorale.

Si è parlato molto in questi giorni di una presunta epurazione di Nicola Porro dalla Rai perché il suo programma avrebbe creato malumori al primo ministro. In realtà il problema di quella trasmissione è che si è cercato semplicemente di trasferire in ambiente televisivo il lavoro fatto su testate come il Giornale. E il risultato è stato molto povero. Non si è andati oltre il solito quadretto negativo a discapito di immigrati e musulmani. Persino programmi come quinta colonna o la gabbia, che hanno quel target di pubblico, alla fine hanno cercato di migliorare i toni della discussione. Il pubblico della Rai poi, storicamente è sempre stato destinato a prodotti di buon livello.
Ma essenzialmente, come ha sottolineato la signora Maggioni, in Italia non c’è più giornalismo di inchiesta e di approfondimento. Per quello il talk è tramontato da tempo. C’è poco da discutere.
A proposito di Islam e di Daesh abbiamo assistito alla nascita di giornalisti, principalmente provenienti da cronaca nera e giudiziaria, autoproclamatisi esperti in materia.
E il danno poi lo subiscono le tante Aicha in giro per l'Italia che non riuscendo a spiegare al genitore la differenza tra Islam, salafismo, radicalismo, terrorismo e simili, non riescono nemmeno a risanare i rapporti con la famiglia e li interrompono o addirittura fuggono. Pur di riuscire ad indossare il velo senza problemi.
Forse è tempo per il giornalismo italiano di mettersi una mano sulla coscienza.

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