giovedì 15 ottobre 2015

Counting crows

“Dissi poi ad un collega -racconta ancora D’Ambrosio- che non avevo gradito quel comportamento (di Tavaroli, ndr) ma il collega mi disse di stare molto attento in quanto Tavaroli era fratello di Mancini”. Adnkronos 7 luglio 2006

"Secondo quanto riferitomi - racconta il testimone nell'inchiesta sui dossier illegali - a volte venivano vendute a Pirelli vere e proprie bufale, posso soltanto aggiungere che Mancini per il suo grado elevato all'interno del servizio aveva una possibilità di accesso alle notizie molto elevato e in ragione del suo grado le notizie da lui provenienti godevano già di una attendibilità molto elevata e tale da non richiedere una controverifica da parte dei suoi superiori gerarchici". Agi 13 Dicembre 2006

«Bob Lady era fortemente critico - ha testimoniato il colonnello Stefano D’Ambrosio -: sosteneva che era sciocco prelevare (non usò mai il termine sequestrare) una persona già sottoposta a ottime indagini della Digos... Eravamo in perfetta sintonia nel ritenere che, portato via Abu Omar, egli sarebbe stato sostituito da un’altra persona che avremmo fatto fatica a individuare».
corriere 16 luglio 2006

D'Ambrosio racconta ai pm che indagano sul rapimento di Abu Omar, di come Mancini «si fosse offerto più volte alla Cia come agente doppio». Il fatto venne riferito a D'Ambrosio dallo 007 americano Robert Seldon Lady. L'agente Cia spiegò anche che i suoi rifiutarono perché «da un lato temevano fosse una provocazione, dall'altro temevano che Mancini fosse un personaggio troppo venale». unità 8 luglio 2006

«Sai Stefano non ti sei giocato solo il centro di Milano, non finisce qui! (...)». Riferendo, sempre de relato, la parola di Lady, D’Ambrosio va giù duro ancora su Marco Mancini: «Lady mi disse che era un mascalzone e che mentre io e lui (Lady, ndr) operavamo nell’interesse delle rispettive patrie, lui (Mancini, ndr) solo per interesse personale (...). il giornale 9 luglio 2006

Mancini seemed surprised only that the American had confided in D'Ambrosio. A few weeks later, Mancini ordered D'Ambrosio's transfer to Rome. Commiserating in Milan, Lady told his friend that the CIA chief in Rome had demanded D'Ambrosio's head. And Lady made a startling disclosure about Mancini, who soon became the No. 2 chief of the Italian spy agency. 
 "He told me that Mancini had offered himself to the CIA as a double agent," D'Ambrosio recalled. "And he said the CIA had made a negative response to the offer. . . . An analysis done by CIA psychologists based on conversations with Mancini had revealed according to them that Mancini had an extremely venal character." latimes 9 maggio 2009


Dei miei pupilli Mancini è quello che mi dà più soddisfazioni. Me lo hanno analizzato anche gli psicologi della Cia. Manco a Rizzi quando collaborò con la Dea capitò una roba del genere.

Il Portogallo per Sabrina è come la Calabria per il generale Pollari. Tutti a tifare per lei.
Sui giornali è un tripudio.
Effettivamente di prove schiaccianti non sembrano essercene tante. Tutte basate su logica e storico come recita la prima sentenza. Il riferimento in una mail di Lady, il suo ruolo apicale nell'agenzia e la testimonianza di Stefano D'Ambrosio. Venirci a raccontare però la storia della traduttrice a tempo perso tra una poppata e l'altra pare francamente un'altra esagerazione. Anche perchè sembra di capire che alla fine la De Sousa è stata costretta a lasciare la Cia che tra l'altro avrebbe dato ordine all'ambasciatore americano in India di non farla entrare per visitare la madre.
Forse le intuizioni del dottor Spataro non erano del tutto campate in aria.

Quello che colpisce degli stralci delle dichiarazioni rese dal colonnello D'Ambrosio che è stato uno dei grandi accusatori nel caso Abu Omar e non solo della signora De Sousa, è che alla fine ne è venuto fuori un grande polpettone cucinato in unica direzione. Quella dell'orco Mancini.
Ad un suo disagio maturato nel corso dell'intera vicenda e forse a qualche rancore o incomprensione pregressa nei confronti del superiore si unirono le pressioni di Bob Lady che pur essendo anch'egli contrario all'operazione doveva in qualche modo portarla a termine.
E ad un certo punto deve aver incontrato forti resistenze sul versante italiano. Con tutta probabilità alla fine gli uomini del Sismi accettarono di prendere parte al rapimento a patto che non avessero ruoli strettamente operativi. Il dottor Mancini e la sua squadra si occuparono della logistica e forse riuscirono a carpire l'informazione sugli orari di interruzione del pedinamento dell'egiziano.
Per qualche ragione, una copertura legale forse, a Lady servivano comunque dei funzionari italiani presenti nel momento in cui Abu Omar si trovava nelle mani della Cia su suolo italiano. Così da un lato fece leva sulle ambizioni di Pironi e dall'altro cercò di aprire un varco nel Sismi.
Parlare male del dottor Mancini almeno all'epoca, era come sfondare una porta aperta. Potrebbe esserci riuscito oltre che con D'Ambrosio, il quale però commise "l'errore" di riferire al superiore, anche con altri che lo seguirono nell'avventura e che però non facevano parte dello squadrone messo assieme dal dottor Mancini. Quelli che secondo Abu Omar e Pironi parlavano in Italiano . L'uomo che prelevò il maresciallo e gli altri che si trovavano all'interno del furgone e ad Aviano e presumibilmente interrogarono e picchiarono Abu Omar assieme agli americani.
Potrebbe trattarsi degli stessi ai quali faceva riferimento Calipari e che almeno fino a tutta la durata del processo erano in guerra con altri appartenenti al Sismi.
Praticamente dei fantasmi perchè ufficialmente non c'erano e non avrebbero dovuto agire in base ad ordini impartiti dai diretti superiori. A meno che il generale Pollari non ce la racconti al solito a modo suo.
Magari qualcuno un giorno ci narrerà anche questa parte della storia.

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