martedì 29 settembre 2015

Al Caffè Vittorio

I giudici d’Appello: «Pisani corretto Ecco perché lo abbiamo assolto»

Inoltre, la difesa di Pisani è riuscita «a dissolvere ogni dubbio pregiudiziale sulla correttezza professionale di Pisani quanto alla gestione di Lo Russo, avendo egli costantemente portato a conoscenza dei vertici istituzionali le notizie via via fornitegli dal confidente, nel contempo svolgendo indagini sul clan, scardinandone l’organigramma con numerosi arresti anche di persone legate da stretti rapporti familiari al capo».
Titti Beneduce Corriere del Mezzogiorno

Corretto.

Se il testo della sentenza di appello ricalca come credo quella del giudizio di primo grado, con tutta probabilità è stata ribadita non tanto la correttezza di Vittorio Pisani quanto il fatto che alla luce di tutto ciò che è stato detto in aula non è possibile accusarlo di non essere stato corretto.
Si tratta di una sfumatura di rilievo che però non cambia la sostanza del giudizio e soprattutto quanto è risultato dall’accertamento dei fatti.
A distanza di ormai quattro anni dall’interrogatorio davanti al gip e sentenze finali alla mano è relativamente facile affermare al di là di ogni ragionevole dubbio che il poliziotto calabrese è sempre stato corretto nell’esercizio delle sue funzioni.
Però bisognava esserci in tribunale o per lo meno ascoltarsi tutte le testimonianze e i battibecchi che hanno caratterizzato lo svolgimento del primo processo.
Sono stati due anni duri nel corso dei quali si è anche capito come la napoletanità, certa napoletanità, costituisca in fondo l’anticamera della camorra e anche perché i napoletani si offendono quando glielo si fa notare. Si è anche percepita dai numerosi scambi tra le parti quali sono le difficoltà che si incontrano nel combattere sia la camorra che la cultura che la genera. E come i rappresentanti dello stato spesso debbano organizzarsi per conto loro senza che lo stato li sorregga più di tanto.
Se mai resterà qualcosa di questo processo, che siano le indicazioni allo stato per migliorare.
Stato detto in maniera molto ampia così nessuno si sentirà autorizzato a voltarsi dall'altra parte.

Difesa a distanza.

Ad un certo punto della deposizione del dottor Pisani in qualità di imputato, il pubblico ministero dottor Amato lo ha apostrofò più o meno così :
è facile per lei venire a testimoniare con tutto il suo bagaglio di documenti a questo punto del processo e dopo aver ascoltato un certo numero di testimoni.
In effetti Pisani si era organizzato assieme alla sua squadra di avvocati una difesa a prova di bomba. Ogni settimana scendeva da Roma, sedeva al suo posto e annotava a mente parola per parola tutto quanto veniva detto. Inquadrava e profilava ogni singolo testimone che in un modo o nell’altro nell’arco di diversi anni aveva avuto a che fare con lui e una volta tornato a casa si metteva alla ricerca di tutto quanto potesse fissare nei minimi dettagli e con riscontri concreti e credibili qualsiasi elemento che lo chiamasse in causa. Un po’ come faceva ai tempi in cui per mestiere era sbirro vero.
Questa è ovviamente una mia ricostruzione personale e romanzata del personaggio Pisani che credo però non vada molto lontana dalla realtà.
Mentre ascoltavo la registrazione della sua deposizione mi venne da sorridere perché ad un tratto mi accorsi che aveva letto persino i miei scarabocchi virtuali. Tutti.
Anche le parti più goliardiche che di solito uso come artifizio per esprimere opinioni scomode e magari puntare il dito contro personaggi di spicco o pericolosi.
Aveva evidentemente compreso che tra me e lui, all'epoca perfetti sconosciuti, la distanza era la stessa misurata tra lui e la pubblica accusa.
Il suo problema era questo . Farsi capire da quei pubblici ministeri che lo conoscevano a modo loro, almeno e soprattutto adesso che era imputato.
Si trattava di una distanza che per quanto riguardava me era causata da perfetta ignoranza in materia di investigazione e questioni giuridiche e che paradossalmente però mi poneva in una posizione privilegiata nel cercare di comprendere e giudicare, mentre sul fronte accusatorio la barriera era rappresentata da una conoscenza viziata da pregiudizi e incomprensioni e anche ovviamente punti di vista diversi.

Le sfumature.

Era tangibile nell'aula il fatto che Pisani e i magistrati che adesso lo accusavano e con i quali prima aveva lavorato non si erano mai presi, tanto per usare un eufemismo.
La questione della correttezza gira proprio attorno alla diffidenza e alle incomprensioni.
Incomprensioni generate anche da procedure non decodificate esattamente da norme o protocolli circoscritti e noti a tutti. Molte di queste erano lasciate alla buona volontà e a supervisioni interne alla polizia. Lo abbiamo capito dopo aver ascoltato i superiori di Pisani e aver incrociato le loro dichiarazioni con quelle dei magistrati che avevano lavorato con loro.
Pisani è stato corretto nella misura in cui il suo lavoro è stato certificato da chi ne conosceva i meccanismi. Ecco la sfumatura.
Alla pubblica accusa invece i suoi comportamenti devono essere sembrati bizzarria o arroganza in tempi non sospetti. Connivenza quando comparve il suo nome nelle indagini.
Tornando al Pisani sul trespolo degli accusati, più che fargli una colpa della meticolosità con la quale aveva organizzato la propria difesa bisognava chiedersi :
perché non ha detto tutte queste cose davanti al gip ?
Probabilmente perchè sul tavolo c'era tanta di quella roba che poco si è capito.
Gli stessi pubblici ministeri più che accanirsi hanno insistito nella loro teoria perchè tutto portava in quella direzione.
La famiglia di ristoratori in apparenza arricchitasi all'improvviso, la famiglia di usurai conosciuti da tutti gli organi inquirenti a Napoli ma che nessuno era riuscito mai ad inchiodare in decenni, i pentiti con il dente avvelenato e il cuore ravveduto.
Tra tutti questi Pisani faceva da collegamento. Per mestiere e per piacere la sua vita si è incrociata con quella di tutti. Quando il suo nome è comparso nelle intercettazioni e i pentiti hanno parlato, per i magistrati si è accesa una lampadina.
Ecco spiegate le incomprensioni, gli atteggiamenti poco socievoli, il decisionismo di Pisani.
'O Questore era il terminale di criminali e ristoranti.

Poteva anche non essere celebrato.

Ha detto il bravo e simpatico avvocato Nugnes difensore di Pisani.
Mi rifugio nella mia tuttora proverbiale ignoranza in materia di investigazione e giurisprudenza e lascio la parola a lui.
Qualche sospetto anche forte però c'era e quindi era doveroso indagare.
Di certo sia l'inchiesta che il processo erano carichi di astio. Inutile negarlo.
Senza nulla togliere alla precedente direzione sarebbe stato interessante vedere la Dia di Giuseppe Linares far parte della squadra investigativa del Megaride.
Linares oltre che bravo ha anche un bel caratterino e si è inserito pare, nell'ambiente napoletano, abbastanza bene. Procede come un treno. Ha l'autorevolezza e il distacco che gli permettono di rimanere fuori da tensioni e rivalità decennali.
Qualora non fosse stato d'accordo su certe conclusioni magari lui avrebbe trovato il modo di mediare.

Se comunque è andata così, vuol dire che così doveva andare. Senza tornare.
Ormai non si può più cancellare. Cerchiamo quindi di trovare almeno i lati positivi di questa vicenda.

E così è stata questa storia co lu dottore Pisani. 
Cit. Salvatore Lo Russo.






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