mercoledì 19 agosto 2015

Il bizantino alla ricerca di un asciugamano

Nella zona islamica il sistema americano non funziona, perché loro non vogliono sviluppo. D. Forse non vogliono lo sviluppo che l’America ha provato a imporre. R. Il loro concetto di sviluppo è andare in moschea cinque volte al giorno con un asciugamano sulla testa, stando seduti sopra pezzi di petrolio e aspettando che gli stranieri vengano a fare per loro. Gli americani hanno capito che questo sistema non va bene. D. Finché c’è stato Saddam, e il petrolio serviva, però andava bene. R. Queste sono popolazioni che possono essere tenute sotto controllo solo da dittatori, ma è un metodo che non interessa agli Usa. Gli americani non vogliono stare in zone in cui non si fa niente e l’unico equilibrio possibile è dato da un dittatore puzzolente.lettera43

La kuma omanita è molto più pratica da indossare ma non eguaglierà mai il fascino donato ad un uomo dal kimar che nonostante l'aspetto è facilissimo da assemblare.

Quando l’Ambasciatore Cesare Capitani venne a Muscat si premurò di esortare il suo staff ad adottare uno stile di vita che fosse più da viaggiatore che non da turista.
Notò che gli impiegati dell’ambasciata fuori dagli orari di lavoro si radunavano a gruppetti frequentando sempre gli stessi ambienti. Palestre, club, associazioni.
Posti di livello dove era possibile fare amicizia e scambiarsi idee ma nei quali alla fine si incrociavano sempre e solo italiani.
Lui che era ormai all’ultimo incarico e amava andare alla scoperta dei posti e della gente che lo ospitavano, si rammaricava molto di questo fatto.
Mi raccontò di quando iniziò a seguire la tradizione del digiuno durante il mese del Ramadan. Fu in Afghanistan, un Paese che aveva amato molto nonostante le condizioni non proprio favorevoli.
Lì aveva preso anche un pastore tedesco che aveva portato con se al termine del mandato.
Aveva desiderato fortemente quel digiuno perché voleva sentirsi vicino alla popolazione locale. Voleva capire cosa si provasse in quei momenti e da allora ogni volta che si trovava in un Paese islamico osservava il mese del digiuno.
Mentre lo acoltavo rapita dai suoi racconti pensai che l'astinenza da cibo e da acqua è solo una piccola parte della testimonianza di fede che porgiamo ad Allah durante il Ramadan e anche una mera frazione della cultura di un popolo ma non osai fargli una simile obiezione per non essere scortese con un uomo tanto gentile.
Quando tornai a casa dopo un po’ di anni di assenza mi resi conto di quanto abbiamo bisogno in Italia di persone come l’Ambasciatore Capitani.
Se è l’odio a dominare la nostra realtà ciò accade proprio perché manca quel tipo di approccio che uomini come lui hanno : l’umiltà, la voglia di conoscenza e di scambio.
La buona volontà nonostante tutto.

Luttwak non ha detto cose strampalate sugli Arabi o meglio sugli Islamici in generale (ci sarebbe una grossa differenza però a gente come lui non importa e comunque non riesce a coglierle certe sfumature) ma le ha dette a modo suo altrimenti gli verrebbe a mancare l'ultimo palcoscenico sul quale lo invitano sempre ovvero quello dei media italiani.
D'altra parte che cosa ci si può aspettare da uno che abbiamo saputo spendeva ore a discutere al telefono con Pio Pompa ?

Il concetto di sviluppo che gli Arabi hanno è quello di non rinunciare alla propria identità tant'è che quelli come Luttwak non li prendono perchè sanno perfettamente che anche dopo averli riempiti di soldi non otterranno reali benefici dai loro servigi.
Quelli che vanno in terra araba per una consulenza di qualche mese pagata magari con assegni a cinque zeri, passano il loro tempo libero tra sauna e piscina e non riescono a vedere al di là dell'asciugamano. Alla fine non producono granchè.
E' per quello che rosicano. Riescono a rimediare un premio o un microfono giusto da noi.

Nessun commento:

Posta un commento