sabato 18 luglio 2015

Dal Libano al Campidoglio. Informative e dossier.

A proposito delle vicende di mafia capitale negli ultimi giorni l’attenzione della stampa si è concentrata sul famigerato dossier di trenta pagine chiuso nel 2003 e redatto da un dirigente del Sismi che avrebbe in oggetto le attività del boss Carminati.
Il motivo di tanto interesse risiede nel fatto che la relazione non sarebbe stata inviata all’autorità giudiziaria nemmeno negli anni seguenti (addirittura si correva il rischio di non venirne a conoscenza affatto se nel Dicembre 2014 il Copasir non avesse avviato un’attività esplorativa) e che i servizi in seguito alla chiusura del dossier avrebbero interrotto il pedinamento di Massimo Carminati.
Si tratta di speculazioni che fanno sorgere più di un dubbio sul reale livello di  monitoraggio al quale il Carminati sarebbe stato sottoposto negli anni e sui presunti rapporti esistenti tra lo stesso e i servizi segreti.
In entrambi i casi prima di passare alla disamina delle informazioni che possediamo sul dossier (che in realtà è solo una frazione della mole di documenti messi assieme dal Sismi ) e sulla sua valenza è bene fare un passo indietro e riferirci alle parole captate nel corso di una intercettazione a proposito del suo soggiorno libanese.

Massimo Carminati con dovizia di particolari racconta di un viaggio in Libano avvenuto tra il 1980 e il 1981 nel bel mezzo della guerra civile.
Di per se nulla di straordinario poiché sappiamo che molti personaggi di spicco del network neofascista europeo si recavano in zona in quegli anni ad addestrarsi per acquisire familiarità con dispositivi bellici e tecniche di combattimento da usare per attentati una volta ritornati in patria.
Ci sono due dettagli però che non convincono del racconto di Carminati.
Dalla fine del 1979 sino al Novembre del 1981 le cronache giudiziarie lo videro coinvolto a distanza di pochi mesi l’uno dall’altro in diversi atti criminali, dalla ricettazione alla violenza privata passando per la detenzione illegale di armi, che lasciano difficilmente immaginare che possa essere partito per il Libano.
Gli unici “buchi” che potrebbero averglielo consentito dovrebbero essere a cavallo tra marzo e luglio del 1980 e prima dell’Aprile del 1981 quando fu fermato proprio mentre tentava di espatriare. Episodio questo che pone molti dubbi sul racconto circa i documenti contraffatti che gli sarebbero stati forniti da un non meglio identificato appartenente alle forze dell’ordine o ai servizi.
Tanto più che, come certificato anche dal Ros nelle ordinanze di mafia capitale, il suo nominativo non è mai comparso tra quelli degli esponenti dei Nar che si recarono in quegli anni in Libano (Procopio, Alibrandi, Sordi, Di Iorio) e che furono forniti all’autorità competente nel corso di alcuni procedimenti giudiziari proprio da Sismi e Sisde e dai carabinieri di Bologna per quel che riguarda il filone della strage del 1980.
Teniamo quindi a mente che trattasi di personaggio che è certamente riuscito a sfuggire spesso alla detenzione prolungata però comunque tenuto sotto la lente non solo dai servizi segreti che hanno prodotto circa 4000 pagine di informative dal 1980 ad oggi acquisite recentemente dal Copasir, ma anche da diversi nuclei di polizia giudiziaria. Insomma il suo nome deve essere stato avvistato diverse volte sulle scrivanie di polizia, carabinieri e comitati di sicurezza.
Il problema vero è però come tutti, non solo i servizi, abbiano valutato la sua figura all'epoca .

Considerando anche che si relazionava in maniera molto concreta ai Nar di Mambro e Fioravanti (la zona dell’Eur era sotto il suo controllo) non sarebbe forse sbagliato pensare che Carminati magari fece suo qualche racconto di Alessandro Alibrandi ovvero di uno dei tanti che fuggì in Libano, e precisamente nel Luglio 1981, per sottrarsi alla giustizia e poi fece ritorno in Italia dove mori pochissimi mesi dopo.
Qualcuno si è chiesto se Carminati possa essere andato proprio su input dei nostri servizi o sia stato coperto anche da qualche servizio straniero (magari lo stesso MI6 che fece ottenere rifugio in Inghilterra a molti neofascisti italiani).
Ipotesi più che legittima ma tra i tanti personaggi di spicco dei Nar a disposizione, perché scegliere uno che in fondo all'epoca non costituiva altro che la manovalanza armata del gruppo terrorista e come mai i carabinieri del Ros, che avranno di certo indagato a fondo ed interpellato polizia e servizi dei Paesi europei interessati dal fenomeno (Inghilterra, Francia, Germania, Belgio) non sono riusciti a trovare evidenze sul punto o legami con i servizi attuali?

E torniamo alla questione principale che forse tale non è.
Il dossier  che sarebbe stato compilato nel lontano 2003 dal dirigente della prima divisione del Sismi.
Non avendo a disposizione la data nè il nominativo il che porta ad ipotizzare che il membro del Copasir che avrebbe passato la notizia alla stampa parlando di firma illeggibile vuole ovviamente cautelarsi, non possiamo far altro che presumere che se questo fu portato a compimento prima dell'Agosto del 2003 di certo il redigente era il generale Pignero.
In seguito il testimone passò a Mancini che restò alla guida della prima divisione fino al maggio del 2006 quando fu fatto mettere in malattia o ferie forzate.
Anche se la relazione fosse stata firmata da Mancini di certo non dovrebbe essere stata realizzata in quel breve lasso di tempo che costituì il suo battesimo di fuoco alla guida della divisione.
In ogni caso, tralasciando ogni tipo di polemica che li vide coinvolti successivamente, non v'è dubbio che stiamo parlando di due dei migliori funzionari di cui il Sismi potesse disporre all'epoca e quindi qualsiasi analisi o valutazione uno dei due o entrambi abbiano fatto, doveva essere valida.
Ma perchè, sempre per dar retta a presunti whistleblowers del Copasir, il dossier dopo essere stato girato al Sisde (diretto all'epoca da Mario Mori) si fermò lì ?
E si fermarono veramente anche i pedinamenti ?
Sono domande a cui potrebbero rispondere non solo Mancini ma anche gli ex-direttori Pollari e Mori, il direttore dell'allora Cesis prefetto Del Mese magari riferendo anche di eventuali valutazioni elaborate al riguardo dal compianto prefetto Masone che lo precedette.
O anche Enzo Bianco che con tutti i limiti da lui stesso evidenziati circa gli scarsi mezzi concessi al Copaco, potrebbe comunque essere a conoscenza di elementi utili.
Il problema vero però è sapere con precisione su cosa verteva il dossier.
Tenendo presente che siamo nel 2003 mentre Pignatone e la squadra di professionisti fidati che lo segue da tempo arrivano svariati anni dopo, con tutta probabilità il Sismi che secondo resoconti di stampa iniziò a svolgere accertamenti in seguito alle indicazioni ricevute da un informatore, sviluppò l'indagine in uno solo dei campi di interesse del Carminati (si parla di un ristorante e di una pompa di benzina) e in un'epoca in cui questi non fungeva ancora da trait d'union stabile tra varie realtà politiche, sociali e finanziarie.
E' questo che viene imputato ai servizi. O almeno così pare di intuire dalle parole di Matteo Orfini.
Di non aver saputo individuare il momento in cui Carminati fece il salto di qualità e diventò il deus ex-machina di una vera e propria multinazionale del crimine che estendeva i suoi tentacoli in vari settori della comunità .
Non è però il dossier del 2003 che poteva fornire questa opportunità perchè il suo raggio d'azione era evidentemente limitato nel tempo e negli interessi.
E' ovvio che i pedinamenti siano stati interrotti visto che a quanto è dato capire le conclusioni non portarono ad evidenziare particolari criticità. Oppure lo furono per motivi di opportunità.
Non sempre è conveniente usare mezzi di controllo diretti (intercettazioni, pedinamenti) per monitorare un soggetto di interesse. Specie uno del calibro di Carminati che sapeva di essere sotto controllo da più parti.
Le informative avrebbero dovuto fare la differenza. Ma di sicuro queste saranno state inviate anche ai vari organi di polizia giudiziaria.
Se veramente era possibile fare lo stesso lavoro di Pignatone con qualche anno di anticipo allora bisogna puntare il dito contro i servizi ma anche contro polizia, carabinieri, magistrati, prefetti, comitati e commissioni varie.

I dubbi veri da ponderare comunque sono altri.
L'uscita di Orfini in conferenza stampa era veramente estemporanea come sembrava oppure suggerita da qualcuno ed eventualmente chi ?
Ci si chiede anche in che direzione verrà orientata l'inchiesta del Copasir.
A mò di ombrello preventivo come accaduto per rientro-farfalla nel caso Pignatone decidesse di aprire una indagine su presunte omissioni e contatti (già negati dal generale Esposito) oppure con il preciso scopo di offrirgli una vittima sacrificale che faccia da scudo a servizi, comune di Roma e governo ?
A saperlo.

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