lunedì 13 aprile 2015
Ripensamenti.
Trevisi spiega così la decisione di mostrare il film agli allievi: "Subito dopo l'ultima scena, i titoli di coda ti stringono il collo, ti lasciano senza fiato e senza parole; rimani in silenzio e immobile sulla poltrona, ben sapendo che, nella maggior parte dei film o delle serie televisive, grazie alle quali molti amano la Polizia, è quasi tutto inventato e nell'unico, forse, unico film che ci distrugge è tutto drammaticamente vero, in quanto basato su fatti processualmente verificati."
ilgiornale
In realtà Trevisi sulla sua timeline non è che si sbilanci più di tanto.
Al solito abilissimo con le parole si lancia in uno dei suoi post abituali a metà tra il poetico e lo strappalacrime e fa un mea culpa di rito.
Chi pensa al poliziotto come un buzzurro da marciapiede rimane ovviamente impressionato dal Trevisi scrittore, poeta, marito, papà che è ormai una superstar di feisbuk.
Però questa esternazione se la poteva francamente evitare perchè il tema Diaz è ancora troppo fresco per essere storicizzato o raccontato come una favola triste.
E' stato scorretto nei confronti di quelli che in questi giorni si sono presi fior di insulti dai giornali ai social.
Un poliziotto che era lì per il momento può solo presentare la sua versione per far magari riaprire una inchiesta oppure condurre una battaglia sindacale all'interno della polizia affinchè certe cose cambino.
Lasciamo le ruffianate alla Orfini fuori da questa tragedia.
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