Qualche giorno fa praticamente tutti i media nazionali ed internazionali hanno riportato con enfasi uno scoop dello Spiegel a proposito dell’organizzazione logistica di Daesh ovvero il gruppo terroristico che ama farsi chiamare stato islamico dell’Iraq e del levante a sottolineare l’ispirazione religiosa e l’intento di costruire uno stato che per adesso abbraccerebbe l’Iraq e la Siria ed in futuro tutte le terre al di là dei confini medio-orientali.
La notizia sta nel fatto che il vero ideatore di questo progetto sarebbe Samir Abd Muhammad al-Khlifawi meglio conosciuto come Haji Bakr.
Si tratta di un ex baathista molto vicino a Saddam Hussein che come tanti altri ha visto nell’alleanza con Daesh una opportunità concreta di delegittimare e contrastare il governo iracheno per poi eventualmente tornare al potere.
Le carte di cui Spiegel sarebbe in possesso e pubblicate solo in parte, mostrano come l’impronta di Haji Bakr sia nella struttura organizzativa del gruppo terroristico che ormai godrebbe di un impianto proprio di stampo governativo con ministeri, esercito, tribunali, ramificazioni sul territorio e gruppi di spionaggio con attività di controllo capillare su una vasta area geografica incluse le comunità che la compongono.
Si tratta cioè di meccanismi e schemi che consentono a Daash di tenere sotto registro Iraq e Siria per poi un giorno espandersi.
La cosa strana di questo presunto scoop è che non aggiunge niente di nuovo a quanto ormai noi internauti autoproclamati esperti di terrorismo ed antiterrorismo sapevamo già da un paio d’anni a questa parte.
E con l’ausilio di fonti dal terreno, di istituzioni accademiche indipendenti e giornalisti d’inchiesta seri che sono probabilmente anche meglio delle antenne di cui dispongono i governi occidentali che devono fare affidamento principalmente su doppio e triplo giochisti locali.
Poi magari si affidano anche ad internet ma visti i risultati evidentemente peccano in fase di valutazione.
Haji Bakr era uno che di suo non poteva offrire molto ad Abu Bakr al Baghdadi perché al contrario di gente del calibro di Omar al Shishani gli mancava l'esperienza di combattimento su campi caldi.
Dalla sua aveva legami e collegamenti tali da consentirgli una scalata veloce all’interno del consiglio di Daesh e soprattutto da farlo diventare l’uomo di fiducia di al Baghdadi.
Haji Bakr ha messo a disposizione l'esperienza politica e militare e le sue conoscenze che arrivavano fino al controspionaggio di Bashar al Assad tanto è vero che a periodi e a seconda delle esigenze Daesh diventa spesso il braccio armato del presidente siriano contro le milizie locali e gli eserciti occidentali.
L’ex baathista avrebbe anche creato al Nusra in funzione anti-Zawahiri.
Esperimento finito male quando al Julani ha deciso di optare per il distacco definitivo da al Baghdadi.
Haji Bakr avrebbe coordinato i gruppi di combattenti stranieri usando mezzi di convincimento più o meno ortodossi.
Quelli tendenzialmente più fedeli al califfo vengono destinati a combattere accanto a lui.
Quelli poco affidabili invece sono utilizzati per operazioni suicide.
Il generale iracheno si è inoltre occupato di reclutare leader spirituali dell’area del golfo e in particolare i sauditi, per favorire l’adesione dei combattenti più vicini ad al qaeda.
E ha organizzato campagne mediatiche ad uso interno e per il pubblico internazionale.
Per farla breve lo Spiegel non ha fatto altro che darci conferma di tutto questo scenario messo assieme pazientemente nel tempo cercando di eliminare le false informazioni di cui spesso la rete si fa veicolo insidioso.
Il punto da considerare non è tanto il fatto che Haji Bakr sia il fondatore vero di Daesh ma che siamo evidentemente di fronte ad una organizzazione politico militare che affonda le proprie radici in quel partito baathista di ispirazione cristiana prima e tradizionalista poi (naqshbandi) che poco ha a che vedere con dei fanatici religiosi come siamo portati a credere.
Questo cambia completamente le carte in tavola cioè deve obbligarci a mutare le strategie messe in atto finora per contrastare al Baghdadi e i suoi adepti non solo a livello di propaganda ma soprattutto sul campo.
Una cosa è combattere contro gente motivata da interpretazioni religiose particolari.
Altro è sapere di trovarsi di fronte ad un esercito nazi-fascista le cui componenti sono di provenienza varia. Una composizione così atipica che si è cristallizzata nel tempo apre anche le porte all’infiltrazione da parte dell’intelligence.
Se la religione non è il collante che tiene assieme gli uomini di Daesh e i baathisti hanno avuto gioco relativamente facile nell'amalgamarsi dominandola addirittura, allora conviene infiltrarla in maniera mirata piuttosto che spendere fior di quattrini per garantirsi i servigi di mercenari e doppiogiochisti.
Il che ci porta ad un’ultima considerazione.
Lo scoop dello Spiegel è stato reso noto negli stessi giorni in cui sarebbe rimasto ucciso un altro ex baathista di peso e cioè quell'Izzat al Douri anch'egli punta di diamante della squadra di Saddam Hussein.
In attesa dell'esame del dna per il quale sono responsabili gli americani davanti alla cui ambasciata è stato lasciato il cadavere, da un'esame veloce della discreta mole di materiale fotografico di cui disponiamo verrebbe da concludere che questa volta la notizia della morte di al Douri sia vera.
I tratti tipici del volto (zigomi e naso) sembrano corrispondere.
E allora viene da chiedersi se questa pubblicazione in concomitanza con la perdita di un altro simbolo di quello che sarebbe realmente Daesh non sia effettivamente una mossa studiata per indurre al panico al Baghdadi visto che una pubblicità così smaccata di chi effettivamente guidi la sua organizzazione non può che aprire squarci a quanto sappiamo già presenti in abbondanza oppure una proposta di collaborazione proprio agli ex baathisti.
Scopriremo a tempo debito chi sarebbe il mittente.


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