E chiudiamo la settimana manentiana con un post all'altezza, almeno si spera, dello spessore del direttore dell'Aise che avrebbe dichiarato in sede di audizione al Copasir che la strategia comunicativa e la propaganda messe a punto da Daesh su Internet sono contrastate in maniera efficace dall'intelligence.
Senza voler mettere in dubbio le parole del generale Manenti bisogna però soffermarsi,al di là delle piattaforme che offre ai terroristi per mettersi in contatto tra loro, sul ruolo che internet sta effettivamente avendo nel corso dell'ondata terroristica attuale per comprendere anche cosa si intende per contrasto efficace.
Spesso si pensa che la repressione su internet debba avvenire principalmente attraverso la chiusura di siti specifici come se l'azione o meglio l'effetto che questi hanno sull'utente cessasse nel momento in cui disponibilità ed accesso vengono negati.
In realtà l'impatto che gli eventi vissuti in ambiente virtuale hanno su un individuo, aggiunto all'effetto moltiplicatore della rete fa si che questi rimangano vivi per lungo tempo.
Quello che si chiede all'intelligence è il monitoraggio continuo di internet in tutte le sue forme e l'interpretazione del linguaggio e dei fenomeni che esso accompagna.
Solo così è possibile elaborare stime precise sullo scenario attuale e su quello in fase di preparazione.
Un'altra idea attorno alla quale possono maturare errori di individuazione o valutazione, è che la rete in quanto specchio e mezzo dell'era moderna costituisca uno spartiacque tra passato e presente.
Non è sempre così. Anzi internet serve a fare da traghettatore tra epoche ed individui.
Il generale Soleimani oltre ad essere un pò spia e un pò militare come il direttore dell'Aise, che però non è incluso nella lista terroristi del dipartimento di stato americano, sta vivendo anche lui una seconda giovinezza mediatica costruita grazie ad internet.
Si è trattato di un evento tanto involontario e forse anche non desiderato da parte del nostro generale Manenti, quanto fortemente pianificato a tavolino da Hajj Qassem e dal suo staff.
La geniale intuizione del comandante indiscusso delle Qods force è stata nell'anticipare la distruzione mediatica di cui sarebbero stati vittima lui ma soprattutto l'Iran alla luce del suo intervento in Iraq seppure come alleato contro un invasore scomodo.
I selfie accanto ai suoi soldati, ai nemici di sempre ma odierni alleati, alla leadership politica e religiosa iraniana hanno avuto il grande pregio di farlo conoscere alle nuove generazioni e a noi occidentali che oggi sappiamo come gran parte del merito della resistenza irachena a Daesh sia da attribuire alle forze iraniane e non ai soliti americani.
E ad intervalli regolari le sue pose mandano messaggi precisi agli interlocutori sparsi per il mondo.
Oggi il gustoso episodio diventato ormai leggenda, del messaggio di testo dai toni decisamente poco equivoci inviato al generale Petraeus ai tempi di un altro Iraq, sembra quasi preistoria.
E' bastata una solo foto, quella nella quale al suo fianco apparivano nitidamente armi e mezzi blindati la cui provenienza era di facile individuazione, a scatenare dibattiti e speculazioni in rete e sui giornali fino alle segrete stanze del potere.
Il problema di internet è che alla fine per quanto bene costruiti e pensati, i fenomeni rischiano di andare al di là delle intenzioni reali.
E' infatti notizia di questi giorni che il generale al Suleimani avrebbe rifiutato di essere incluso nel copione di un film che lo vedrebbe eroe e meritato protagonista ed anzi avrebbe chiesto con decisione che i riflettori su di lui vengano spenti.
Tanti abbracci e troppa visibilità in guerra come in amore generano problemi.
Il caso delle due ragazze di Brooklyn che avevano in mente di compiere un attentato terroristico conferma come in fondo internet serva più per trasformare e catalizzare che per creare fenomeni veri e propri.
La radicalizzazione di Asia Siddiqui è iniziata in tempi non sospetti e al di fuori delle zone virtuali.
E' proseguita però proprio grazie alla rete attraverso blog, forum e giornali digitali fino a farle maturare l'intenzione di fare esplodere mezza New York.
Paradossalmente in questa idea l'hanno aiutata proprio polizia ed Fbi che con una sapiente gestione di Twitter tesa a chiedere l'aiuto degli utenti nel corso della maratona di Boston trasformarono una tragedia quasi in un set di Csi.
Asia voleva compiere un gesto che avesse lo stesso tenore e sempre la rete le ha offerto lo spunto per andare vicina alla realizzazione del suo piano .
The Anarchist cookbook è un testo pensato alla fine degli anni sessanta più in segno di protesta che come volontà reale di mettersi a fabbricare bombe in cucina.
Lontano da quel contesto oggi è diventato un'arma letale che anche il suo autore vorrebbe vedere fuori dalla disponibilità della rete.
Internet ci fornisce anche i mezzi per tenere sotto controllo i nostri controllori.
Non è la prima volta che un agente sotto copertura porge ad un potenziale terrorista il coltello
dalla parte del manico ed è probabilmente una pratica in linea con la normativa americana.
Ma nel contesto quanto effetto ha avuto sulla ragazza quell'esca un pò spregiudicata ?
Oggi è giunta notizia della morte di un ragazzo di origini somale che dall'Australia era partito per andare a combattere in Siria ma che si era presumibilmente fermato in Iraq.
L'ultima volta che il padre ha tentato di contattarlo invano telefonicamente ha capito che forse era arrivata la fine anche per lui.
La sua storia aveva fatto scalpore nell'Australia spietata di Abbott perchè da fotomodello a jihadista il passo è sembrato breve.
Internet ha avuto un doppio ruolo nel suo caso.
Radicalizzato dai cattivi maestri della street dawa australiana che fanno uso sapiente della rete, la sua immagine di ragazzo bello e dedito ad una vita frivola poi passato alla religione e alla guerra, è stata usata da Daesh come polo di attrazione per tanti suoi coetanei.
E' questa la differenza tra il terrorismo vecchio stampo di al Qaeda che si sta comunque adeguando, e quello della new generation di Daesh.
C'è una guerra finta combattuta a colpie di selfie e una anche troppo vera in cui convertiti, seconde generazioni, ragazzi fragili e senza riferimenti, vengono usati come carne da macello per coprire le bugie raccontate dal califfo e dai suoi adepti.
E' questo che i rappresentanti delle istituzioni devono comprendere.
Internet può esaltare o mortificare a seconda delle esigenze.
Ma la sostanza, quello da cui parte tutto, sta nel mondo reale.
E' lì che bisogna intervenire innanzitutto.







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