John Brennan non ha mai chiesto scusa con una lettera al direttore del Washingtonpost per tutte le porcherie che la Cia ha concluso attorno al mondo negli ultimi decenni nè qualcuno in America si è scandalizzato più di tanto quando un manipolo di uomini dell'agenzia all'indomani dell'uscita del rapporto sulle torture ha aperto un sito internet e documenti alla mano ha rivendicato legittimità e utilità del proprio operato.
E nessuno sempre da quelle parti ha mai gridato all'orrore quando la stessa Cia si rese colpevole di accesso abusivo a sistema informatico nel tentativo di oscurare l'inchiesta.
L'Italia non è l'America visto che attualmente mentre da loro si discute di nuovo sulla regolarità della uccisione con i droni di cittadini americani all'estero sospettati di attività terroristiche, noi abbiamo perso il sonno per il caso Tortosa.
Però potremmo almeno imparare.
Se la sospensione di Fabio Tortosa è stata una mossa nello stile classico della gestione Pansa, quella su Adornato è risultata francamente spiazzante.
E il solito intervento riparatore del prefetto Marangoni che ha molto ascendente sulla base, questa volta non convince.
Il trasferimento di Adornato è stato un tale boomerang a livello mediatico che ci si interroga se non sia stato ordito da qualche avversario del ministro Alfano.
Ma probabilmente rientra in tutta quella serie di pasticci ai quali la polizia di stato ci ha ormai abituato.
A margine della questione principale bisognerebbe elaborare finalmente una norma che regoli la presenza online degli agenti.
Non è di facile stesura come la stessa America insegna ma si può fare un tentativo.
Bisogna impedire ai poliziotti, anche se mantengono i propri profili privati, di esprimersi su questioni di politica interna o internazionale.
Certe uscite sono veramente imbarazzanti.
I carabinieri ad esempio, pur manifestando spesso la loro frustrazione nei confronti dei vertici dell'Arma o anche del ministro a volte, si tengono lontani dalle polemiche.
Il disagio che angoscia Tortosa e tanti altri, e che fa si che a cadenze regolari il problema si riproponga prestando il fianco a facili strumentalizzazioni, è la coscienza da parte dei poliziotti che in maniera più o meno tacita i comportamenti alla Diaz e altre controversie che coinvolgono la polizia di stato, siano stati in qualche modo autorizzati o apprezzati dai vertici.
Sono i vertici e le loro emanazioni sul territorio il vero problema.
Sono loro che costituiscono un cordone ombelicale permanente e distruttivo con la vicenda Diaz.
Un rinnovamento totale potrebbe costituire la chiave di svolta della questione.
Un compito che deve essere portato a termine direttamente dal presidente del consiglio.

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