mercoledì 25 febbraio 2015

Il decreto della paura

Dagli attentati a Charlie Hebdo, il 7 gennaio scorso, l’attività di monitoraggio sul web da parte degli uomini della Polizia Postale si è ulteriormente intensificata raggiungendo il monitoraggio anche di 400 siti al giorno. L’operazione ha portato finora all’ oscuramento di 67 tra siti, blog, forum, chat. Ma su un altro centinaio sono in corso le indagini da parte degli esperti informatici e di quelli dell’antiterrorismo.
interris

“Si fa strategia della tensione nell'informazione, senza mai valutare con attenzione le reali minacce. Ma quando questa strategia della tensione la fa un Governo che poi non si relaziona per davvero con i suoi apparati di sicurezza, c’è qualcosa di preoccupante. Il decreto antiterrorismo deve essere una serie di norme per concrete e future minacce, eppure se passa così come è concepito non serve a nulla, solo a fare propaganda”
ilvelino

“si doveva investire in analisti, videosorveglianza, software di riconoscimento facciale, in una maggiore presenza di uomini, senza spostarli da una parte all’altra. Avremmo bisogno di altro per fronteggiare i pericoli maggiori, che in questo momento provengono innanzitutto dal rischio che qualche lupo solitario decida di fare del male a qualcuno“.
formiche

La Danimarca stanzierà 20 milioni di euro per potenziare il comparto IT e analisi, 27 milioni per le forze di polizia e la sorveglianza in generale e 60 milioni per i servizi segreti militari.
E' stata proposta inoltre una norma che consente il monitoraggio dei cittadini danesi all'estero senza bisogno dell'ordine del magistrato.

Per risultare concreto ed efficace un decreto anti-terrorismo, oltre a non lasciarsi influenzare dall'onda emotiva del momento, deve essere costruito sui bisogni del Paese a cui è destinato.
Nel testo che si sta discutendo in questi giorni c'è molto internet, molta magistratura e poca consapevolezza dei rischi reali.

Giorni fa un gruppo di pakistani residenti in Toscana e un italiano imparentato con loro sono stati condannati per un traffico di eroina da Peshawar.
Si trattava di un grosso quantitativo.
La procura di Roma su input dei servizi ipotizzava che i proventi del traffico servissero a finanziare al Qaeda ma per il momento questa accusa è stata rigettata e lasciata ad altri filoni.
Uno degli accusati si era rifugiato in Pakistan ed è rientrato l'anno scorso accettando anche di collaborare ma ha sempre negato qualsiasi legame con il terrorismo nonostante l'evidenza, ovvero foto scattate dai nostri agenti di incontri con terroristi durante il suo soggiorno in Pakistan.
Un incentivo come quello del visto proposto da Marco Minniti avrebbe potuto in questo caso fare la differenza.
Eppure sembra non essercene traccia nel decreto.
Così come non ci sono fondi oltre agli otto milioni stanziati per le missioni estere gestite dall'Aise .
La fama di amministratore provetto del direttore Manenti pare aver dato i suoi frutti.
Chissà se abbiamo i soldi per monitorare i potenziali lupi solitari o quelli per i quali è prevista la sorveglianza speciale.


Non dimentichiamo che il caso Charlie Hebdo nasce negli anni novanta con il terrorismo qaedista francese.
L'istigatore dei fratelli Kouachi apparteneva a quel network di moschee europee tra le quali anche le nostre, che hanno legami ben saldi con le terre che producono il terrore.
E' su questo che dobbiamo investire finanze e materiale umano.
Il generale Akhtar dei servizi pakistani è in queste ore in America per discutere i progressi fatti sul fronte del terrorismo interno ma anche sul dialogo con la controparte afghana e le ingerenze indiane.
Per convincere gli americani del cambiamento di atteggiamento da parte della sua intelligence nei confronti dei talebani, porta sul tavolo lo smantellamento della rete criminale che ha organizzato l'attacco di Peshawar.
Questi sono i circuiti nei quali dobbiamo essere protagonisti perchè danno l'occasione di sfruttarli per altre questioni che interessano a noi.

Il monopolio giudiziario ottenuto nel decreto dalla procura nazionale antimafia e l'autorizzazione necessaria del procuratore generale sui colloqui in carcere previsti per adesso fino al 2016 sembrano essere stati un mezzo necessario per tamponare i malumori causati dalla legge sulla responsabilità civile.
Insomma questo decreto è molto italiano nei modi e poco concreto nella sostanza.
Conferma che la sicurezza è un business e un mezzo di propaganda politica.

Per fortuna che la polizia delle comunicazioni ha chiuso 70 siti.
Questo ci salverà.

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