mercoledì 4 febbraio 2015

Le centrali del terrore


Il generale Massimo Mingiardi che è una delle punte di diamante del nostro esercito si appresta a terminare il proprio mandato come comandante della missione europea in Somalia.
Uomo caratterizzato da buon senso e grande carisma non ha mai nascosto che al di là del successo degli sforzi profusi, di certo la Somalia non è un Paese pronto ad accogliere turisti o commercio.
Ha anzi posto l’accento sulla necessità da parte europea  di prodigarsi in maniera adeguata.
Devono essere incrementate a suo avviso le strutture militari e i mezzi in dotazione all'esercito somalo.

La Somalia è un’altra fucina di terrorismo internazionale.
Il giorno prima dell’arrivo di Erdogan in visita ufficiale per inaugurare un ospedale e una moschea costruiti con fondi turchi e per annunciare una serie di investimenti in aziende ed infrastrutture, al Shabaab gli ha dato il benvenuto con un attentato contro una delegazione governativa.
Il presidente che ormai è abituato a simili evoluzioni non ha comunque rinunciato al viaggio dopo aver presenziato al funerale di sua maestà Abdullah in Arabia Saudita.
Sa benissimo che per quanto le insidie non consentano ancora un ritorno alla normalità, l’unico modo di avviarlo è quello di essere presenti in maniera concreta sul territorio.
E questa sua posizione non è di certo apprezzata dai governi occidentali che praticano nei confronti della Somalia la politica di Penelope.
Da un lato ne appoggiano ufficialmente lo sviluppo e dall’altro inviano addestratori per insegnare come catturare e torturare i terroristi nelle prigioni segrete.

Per adesso l’apporto dato a Daash da gruppi come al Shabaab e Boko Haram è di tipo indiretto perché si “limitano” a formare militarmente come accade in Yemen, soggetti che vanno a combattere in zona di guerra o rientrano in Europa per compiere attentati.
Ma come ricordato tempo fa dal ministro degli esteri degli emirati sceicco Abdullah bin Zayed al Nayhan, una volta creati legami stabili tra queste centrali del terrore e i comandi in Siria ed Iraq allora le conseguenze ci troveranno impreparati.
Sarà difficile prevedere come questi nuclei terroristici costruiranno le loro strategie e soprattutto come imposteranno i rapporti di forza.
Il contrasto al terrorismo internazionale non può prescindere dal potenziamento degli apparati di sicurezza e dall'ampliamento delle norme repressive ma deve essere accompagnato da politiche tese al superamento delle barriere e della diffidenza che spesso caratterizza le relazioni tra alleati nonchè da una chiara visione d'insieme sulle modalità di intervento nello scenario internazionale.



Foto ministero difesa

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