lunedì 26 gennaio 2015

Il tradimento dei mullah .

A poche ore dalla apparente conquista di Kobane da parte dei kurdi la leadership di Daash si fa sentire attraverso un messaggio audio del suo portavoce ufficiale Abu Mohammed al Adnani.
A differenza delle precedenti che costituivano in linea generale una dichiarazione di intenti e un incitamento un pò a tutte le fazioni sparse nei punti caldi del globo, questa comunicazione è concentrata su tre teatri :
l'occidente, la penisola arabica e il sud est asiatico.



A dieci giorni dalla formazione di un gruppo chiamato Khorasan che tiene sotto controllo ampie zone di Pakistan, Afghanistan, India e mira a Banghladesh e zone limitrofe, al Adnani ribadisce la loro adesione a Daash e affida il comando ad Hafeez Saaed Khan coadiuvato dal vice Abdur Rauf Khadim.
Saeed Khan ha fama di essere guida religiosa e leader tribale molto rispettato.
Era il comandante della regione di Orkzai per i Tehrik Taliban Pakistan.
Spietato e fautore della linea dura ovvero ideatore di attentati sanguinari, è anche molto ambizioso.
Rimasto fuori dalla leadership talebana che conta, ha deciso di passare a Daash e ha fatto lo sgambetto ad Abdul Rahim Muslim Dost da poco liberato da Guantanamo e, fino a pochi mesi fa, dato per certo come capo di questa nuova formazione.
Abdur Rauf Khadim ha una storia di lunga militanza tra i talebani e faceva parte di una ristretta cerchia di uomini al servizio del Mullah Omar.
Fu rimpatriato da Guantanamo nel 2007 ma riuscì a fuggire abbastanza agevolmente da una prigione locale .
E' ora impegnato nell'organizzazione di Daash tra Afghanistan e Pakistan.

Viene ribadito così il concetto che Daash mira ad organizzarsi nel territorio di interesse ed in questo caso segue di pari passo al Qaeda che aveva lanciato la sua campagna d'Asia qualche mese fa.
La raccomandazione a non dividersi mostra coscienza del fatto che le rivalità tribali in quei territori sono spesso causa di sconfitta e che l'autorità locale non è sufficiente a mantenere lo status quo.
Saeed Khan ha un largo seguito ma anche una personalità controversa ed è molto incline al litigio.
Un comando centralizzato torna utile nel suo caso e ribalta i vecchi schemi dei talebani.



La chiamata verso l'Occidente continua ad essere molto vaga rispetto a quello che ci si aspetterebbe.
Non c'è nessun tipo di rivendicazione rispetto alla strage di Parigi tantomeno agli attacchi in Canada o Australia ma li si porta come esempio e si promette comunque che ce ne saranno di peggiori.
Quindi si stanno evidentemente organizzando.
Un gruppo siriano che millanta di fare del citizen journalism ed espone le atrocità di Daash su internet, ha di recente pubblicato la notizia che starebbero addestrando milizie di occidentali in Iraq per prepararli al rientro in Europa ed America.
Si tratterebbe di un esercito chiamato battaglione di Anwar al Awlaki.
Personalmente la trovo inattendibile come notizia perchè la fonte appare come uno di quei siti di contro informazione costruiti da Cia e similari .
Però potrebbe essere un'idea abbastanza fattibile .
Decisamente migliore di quella dei migranti mandati allo sbaraglio.

E' da ricordare che, a differenza di quanto scritto dalla stampa italiana ed internazionale, nemmeno i qaedisti hanno rivendicato l'assedio di Parigi.
Lo hanno lodato o hanno promesso altri attacchi.
C'è stata l'ammissione di una cifra corrisposta ma nessuno ha veramente rivendicato l'attentato.
I gruppi terroristici di questo tipo non rivendicano mai ciò che non è loro responsabilità.
La teoria dell'aiutino occidentale non è poi così campata in aria.

Solito attacco alla casa di al Saud questa volta in occasione della morte di sua maestà.
E nessun accenno alla situazione in Yemen .
Men che meno alla Libia dove secondo i soliti pattaccari italiani già sarebbero partite navi agli ordini di al Baghdadi.
In realtà nelle zone in cui ormai possiamo parlare di guerra civile, è difficile arrivare tramite messaggi sui social.
Così come in Pakistan ed Afghanistan, è meglio attivarsi attraverso costole che hanno già combattenti in Siria ed Iraq.


Il riferimento a Roma e Gerusalemme è ancora molto generico e indicato come fine ultimo di una campagna trionfale.
Al di là delle speculazioni giornalistiche e fermo restando la situazione attuale della sicurezza così come ce la presentano gli addetti ai lavori, l'ennesimo accenno al nostro Paese non rappresenta motivo di particolare preoccupazione.
Nel contesto Roma è in potenziale pericolo così come il resto d'Europa.
Al momento non hanno piani definiti per l'Occidente o per ogni singolo Paese.
Se ci mostriamo allarmati, potrebbero iniziare a pensarci seriamente.





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