martedì 27 gennaio 2015

Dalle barbe finte alle parrucche. La ricetta per i nostri 007.

Il giudice Raymond Dearie che presiede la corte del distretto di Brooklyn dove è in svolgimento il processo ad Abid Naseer, giovane inglese accusato di essere coinvolto nella pianificazione di un attentato alla metropolitana di New York, su richiesta del pubblico ministero ha autorizzato la testimonianza in aula di sei agenti dei servizi britannici la cui identità verrà mantenuta segreta associando a ciascuno un numero identificativo.
Questi potranno usare parrucche e trucco leggero per nascondere le proprie sembianze ma nell'ordinanza il giudice si è raccomandato di non fare uso di nasi finti e occhiali o altro materiale che possa "impedire alla giuria e alla difesa di monitorare le espressioni facciali dei testimoni e valutare la loro credibilità e la condotta tenuta" .
L'MI5 è stato chiamato in causa perchè teneva sotto controllo Naseer per questioni legate all'attentato sventato al mall di Manchester nel 2009  che sarebbe parte di una rete di cospirazioni di matrice terroristica risalente ad al Qaeda.

L'attività dell'intelligence per natura e competenze è di tipo preventivo e predittivo.
Quindi è raro che un agente venga chiamato a testimoniare in tribunale su una specifica condotta criminale o delittuosa posta già in essere.
Quello è compito della polizia giudiziaria.
Ciononostante un'evenienza del genere si può verificare, così come può accadere che nell'ambito del proprio lavoro egli sia costretto a dover usare condotte che implicano reato.
La legge di riforma 124/2007 sulla falsariga della 146/2006 per gli operatori di polizia giudiziaria, ha voluto fornire il perimetro operativo entro il quale i nostri agenti possono muoversi previa autorizzazione del presidente del consiglio dei ministri che è garante della sicurezza nazionale.

Quello che ha fatto storcere il naso un pò a tutti della richiesta che il direttore del Dis e l'autorità delegata avrebbero avanzato in questi giorni circa il mantenimento dell'identità fittizia in caso di testimonianza o arresto dell'agente sotto copertura, è forse il fatto che la serie di articoli che stabilisce le scriminanti speciali per l'operatore (sia anch'egli esterno) non prevede un'attività di controllo preliminare o autorizzazione da parte dell'autorità giudiziaria così come per la polizia o per la Dia.
Ma non potrebbe essere altrimenti.
Mentre la polizia giudiziaria dopo aver ricevuto notizia di reato si occupa di ricercare autori e fonti di prova, l'intelligence ha il compito di raccogliere informazioni in grado di determinare a priori l'eventuale messa in atto di quel reato.
Le garanzie funzionali speciali autorizzate preventivamente dal presidente del consiglio dietro indicazione del direttore del dipartimento che a sua volta ha ricevuto notizia dai direttori di Aisi e Aise delle operazioni da mettere in atto, non sono una licenza di uccidere concessa agli agenti come è stato scritto.
Sono semplicemente una definizione della sfera in cui essi possono operare, resasi necessaria dopo la ristrutturazione delle agenzie e la ridistribuzione di compiti ed ambiti territoriali anche in seguito alla rideterminazione dei referenti istituzionali beneficiari dell'attività del sistema di informazione e degli organi delegati al controllo.
Le garanzie funzionali "indispensabili e proporzionate al conseguimento degli obiettivi" non solo vengono a tutela dell'agente ma assicurano al cittadino che l'operatore raccolga informazioni "utili a difendere anche in attuazione di accordi internazionali, la sicurezza interna della Repubblica e le istituzioni democratiche poste dalla Costituzione a suo fondamento da ogni minaccia, da ogni attività eversiva e da ogni forma di aggressione criminale o terroristica".

La possibilità di mantenere nascosta l'identità se a contatto con l'autorità giudiziaria, è decisamente legittima non solo alla luce delle recenti minacce terroristiche .
Si tratterebbe di una misura a completamento della normativa introdotta dalla 124/2007 dove nulla è lasciato al caso e l'operato di ogni organismo è sottoposto a controllo.
L'utilizzo temporaneo di documenti e certificati di copertura viene proposto, autorizzato, registrato e archiviato attraverso l'intera catena di comando dei servizi (direttori Aisi e Aise), l'organo di coordinamento e controllo (il Dis nella persona del direttore) e il tutore ultimo della sicurezza nazionale (presidente del consiglio).
Per ogni operazione in maniera preventiva si potrebbe assegnare un codice identificativo all'agente sotto copertura includendolo tra i documenti da autorizzare e renderlo disponibile all'autorità giudiziaria qualora ve ne sia la necessità.
Nei Paesi anglosassoni a seconda dell'occorrenza nel corso del processo il giudice stabilisce se concedere all'agente di testimoniare in sede protetta e di mantenere la propria identità nascosta.
E' un meccanismo necessario per bilanciare le esigenze giudiziare e quelle di tutela dell'attività degli agenti sempre nell'ottica della sicurezza nazionale.


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