Articolo 6 - Diritto ad un processo equo.
1. Ogni persona ha diritto a che la sua causa sia esaminata equamente, pubblicamente ed entro un termine ragionevole da un tribunale indipendente e imparziale, costituito per legge, il quale deciderà sia delle controversie sui suoi diritti e doveri di carattere civile, sia della fondatezza di ogni accusa penale che le venga rivolta. La sentenza deve essere resa pubblicamente, ma l'accesso alla sala d'udienza può essere vietato alla stampa e al pubblico durante tutto o parte del processo nell'interesse della morale, dell'ordine pubblico o della sicurezza nazionale in una società democratica, quando lo esigono gli interessi dei minori o la protezione della vita privata delle parti in causa, o nella misura giudicata strettamente necessaria dal tribunale, quando in circostanze speciali la pubblicità puó pregiudicare gli interessi della giustizia.
Articolo 41 - Equa soddisfazione
Se la Corte dichiara che vi e stata violazione della Convenzione o dei suoi protocolli e se il diritto interno dell'Alta Parte contraente non permette che in modo incompleto di riparare le conseguenze di tale violazione, la Corte accorda, quando è il caso, un'equa soddisfazione alla parte lesa.
E' proprio la violazione del primo comma all'articolo 6 della convenzione Europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali, che costituisce la base del ricorso che gli avvocati Lozzi, Corini e tutti quelli dei collegi difensivi dei poliziotti colpiti dall'ingiusta sentenza di cassazione sulla Diaz, presenteranno a Strasburgo , per far valere i diritti dei loro assistiti .
Se il ricorso verra' accettato e il giudizio espresso, rilevera' le incongruenze del processo, primo tra tutti, il fatto che non e' stato concesso il riascolto delle testimonianze che poi ha determinato il verdetto finale, allora la giustizia Italiana dovra' prenderne atto e concedere quanto richiesto dagli imputati .
L'intuizione degli avvocati nasce da un caso, la cui sentenza e' stata emessa dalla corte europea l'anno scorso, in cui la manifesta disparita' tra accusa e difesa in conseguenza della negazione dei diritti della difesa, e' stata ampiamente acclarata .
Nel caso Dan contro Moldova, il preside di un istituto di Chisinau, venne accusato di aver preteso e ottenuto, da un genitore, una somma di denaro per l’ammissione del figlio alla propria scuola .
In seguito alla richiesta, il genitore si reco’ dalla polizia, che lo preparo’ all’incontro con il preside in un parco per il pagamento, con denaro tracciato da polvere, e si apposto’ nei pressi per filmare il tutto .
Durante il confronto qualcosa ando’ storto’, e il momento del passaggio di denaro non fu filmato .
Fu rilevata la polvere sulle mani del preside, ma fu stabilito che cio’ poteva essere dovuto anche al gesto che egli dovette compiere, di firmare il documento dell’atto di arresto, quando il poliziotto gli diede la penna . C’erano tre testimoni nel parco al momento dello scambio, tutti in posizione favorevole rispetto alla scena . Uno di questi disse che il genitore aveva poggiato la busta sulla panchina, e il preside l’aveva presa .
Un altro ricordava che il genitore aveva messo la busta nelle mani del preside .
Il terzo affermo’ con certezza che non ci fu alcuno scambio .
Nelle fasi concitate dell’arresto, il preside venne preso con violenza dalla polizia, che lascio’ evidenti segni sui polsi .
Alla luce delle evidenze, al termine del primo processo, la corte Moldava constato' che non vi erano sufficienti indizi di colpevolezza nei confronti del preside, che fu cosi’ assolto .
Al processo di appello, la corte ritenne non necessario il riascolto dei testimoni, ma semplicemente diede una diversa interpretazione delle loro testimonianze, ritenendole pienamente affidabili e per nulla in contraddizione tra loro .
Il preside fu ritenuto colpevole, condannato al pagamento di circa 3350 Euro , alla pena detentiva di cinque anni, con sospensione di due, e all’interdizione dai pubblici uffici, per un periodo pari a tre anni .
Egli presento’ un ricorso basato su interpretazioni legislative, contro i testimoni che per il giudice erano credibili e per le cui affermazioni egli fu condannato, e contro lo stesso genitore, indagato per due casi, dalla polizia del commissariato che organizzo’ l’imboscata .
Inoltre la maggior parte dei testimoni era costituita da poliziotti e la parte del video mancante, fu distrutta secondo la difesa, perche’ non favorevole alle tesi dell’accusa .
Sia la suprema corte che il plenum, ritennero il ricorso inammissibile .
Con la sentenza 8999/07 la corte Europea ha stabilito che la suprema corte Moldava falli’ proprio nel negare l’ammissibilita’, senza valutare le interpretazioni della legge .
Il preside fu giudicato ingiustamente, in base a testimonianze dirette che proprio per il ruolo centrale che avevano avuto per l'emissione del verdetto, dovevano essere riascoltate in appello , in rispetto dell’articolo 6 .
La corte Europea ha ricordato come i giudici responsabili della colpevolezza o innocenza degli imputati, debbano ascoltare direttamente i testimoni e stabilire se essi abbiano detto la verita’ e siano quindi affidabili . Quindi ci furono plateali violazioni dell’articolo 6, comma 1 che non rendono la sentenza della corte locale, credibile .
La corte ha altresi' ammesso un parziale rimborso delle spese processuali e pagamento dei danni morali a Mihail Dan, il preside che ha presentato ricorso .
Credo che questo sia un caso del tutto analogo a quello sostenuto dall'avvocato Corini e dai colleghi, che oltre alla questione dei testimoni, solleveranno quella degli strani cambi di giudici alla presidenza .
Da non dimenticare che il presidente Sinagra termino' il processo d'appello per un cavillo e la dott.ssa Ferrua fu nominata a pochi giorni dal verdetto .
Il riascolto dei testimoni portera' alla luce i veri colpevoli, che sono con tutta probabilita' quegli stessi che si stanno adoperando in questi giorni, affinche' prosegua la campagna di massacro mediatico nei confronti del dott. Gratteri e degli altri .
Sara' allora interessante veder svelati certi meccanismi .
Ci vorra' tempo e pazienza, ma non ci si puo' arrendere di fronte all'ingiustizia, specie se si tratta di uomini che hanno vissuto la propria vita all'insegna della giustizia e del servizio allo stato .
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