Ai tempi in cui la Russia era Unione Sovietica, la gente andava in cerca di generi di prima necessità ma anche di cose belle.
Era l'anno di Chernobyl e mentre ci rifacevano la stanza d'albergo, io e mia cugina ascoltavamo inorridite le ragazze che raccontavano come "costruivano" gli assorbenti.
Mettendo l'ovatta nella stoffa.
Ad un certo punto chiesero se potevamo lasciare loro qualche T-Shirt. Di soldi ne avevano e anche parecchi.
Ma non riuscivano a trovare vestiti belli.
Allora una delle due indicò la mia maglietta.
Era una tinta unita blu.
Io amo il blu. Infinito come il mare.
Parlavamo a segni. Loro non spiaccicavano una parola d'inglese. Figurarsi l'italiano.La ragazza fece segno che non voleva assolutamente quel tipo di maglia. Di un colore unico. Non era niente di speciale. Voleva qualcosa con disegni, colori vari, luccicante.
Mia cugina aveva un guardaroba molto ampio di quel tipo. Gliene diede qualcuna.
I loro volti s'illuminarono.
Disse che non voleva soldi. Ma loro non sentirono ragioni.
Il che ci complicò l'esistenza. Non c'era effettivamente granchè da comprare.
Giusto una balalaika al Gum e la classica matrioska.
Dovemmo supplicare la guida turistica (una bella bionda russa ingegnere e sposata con un marchigiano) di cambiarci i soldi rimasti.
All'epoca era facile cambiare dollari al mercato nero ma il contrario era impresa impossibile.
Mi è dispiaciuto molto non avere potuto accontentare quelle ragazze.
Rimango tuttora una persona a tinta unita. E va bene così.
Spero che i siriani trovino almeno qualcosa di accettabile anche se non proprio speciale.
Qualcosa di meglio di una maglietta.

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