venerdì 1 giugno 2018

Una sanzione per un foreign fighter. La suggestione dei patti oscuri.

Non deve essere esaltante servire un Paese nel quale da un giorno all'altro si passa da eroe ad amico dei dittatori.
Lo ascoltavo in macchina stamattina. Dell'intervento alla presentazione di un libro, per radio hanno trasmesso solo il frammento nel quale il direttore dell'Aisi in maniera nemmeno tanto velata, faceva riferimento alle polemiche che ogni tanto investono il suo collega di origini tarhounesi. E che purtroppo generano dubbi sul modo di operare di entrambi le agenzie.
E' importante la sottolineatura tecnica fatta dal prefetto Parente sull'impossibilità, in epoca attuale, di trovare un referente unico con cui mettere in atto una trattativa che scongiuri un attentato terroristico e soprattutto di localizzare in tempo un soggetto da neutralizzare.
Ma l'aspetto paradossale della campagna social che ne è seguita, piuttosto che degli articoli di Assafir e Al Akhbar, è che a un certo punto ci si è immaginati uno di fronte all'altro il direttore dell'Aise e il capo della sicurezza di Assad che discutevano di vicende complesse come se stessero giocando a carte.
Ali Mamlouk : Anas El Abboubi ?
Alberto Manenti : un pacchetto di sanzioni sull'esportazione di gas.
Scenari paradossali perché una trattativa del genere non può essere ridotta ad un singolo scambio visto che colpisce vari interessi. E facilmente può scivolare verso una serie di ricatti.
L'accusa che spesso si muove contro il generale Ibrahim, di essere un agente degli Hezbollah, fa sorridere se si scorrono tutte le trattative portate avanti con Shaykh Al Talli negli ultimi anni.
Avevano in Doha e Idlib due snodi importanti, ma dovevano tenere conto delle esigenze degli apparati politici e giudiziari libanesi.

Di trattative vere e proprie, che hanno sottratto al terrorismo un intero territorio, probabilmente ce ne furono all'epoca di Bin Laden.
Sua Altezza Turki Al Faisal, che ama molto romanzare i propri trascorsi da capo d'intelligence, ormai non ne fa più mistero. Qualche racconto lo ha fatto anche Sua Altezza Bandar bin Sultan. I colloqui con il mullah Omar ed Hekmatyar sono ormai storia. E anche i contatti con Shaykh Bin Laden.
Ma il tutto avveniva tenendo presente l'obiettivo di non fare concessioni eccessive e nella consapevolezza che si trattava con gente, medio-orientali e musulmani, che hanno storia e rivendicazioni diverse ma cervello e cuore segnati dalla stessa impronta.
Le trattative di un certo tipo devono essere portate avanti da insiders.
Per questo motivo sarebbe importante sottrarre Hayat Tahrir alle grinfie di Erdogan.
L'opera di deqaedizzazione e assimilazione che sta realizzando Al Joulani in Siria sul suo ed altri gruppi, può servire ad evitare che Al Qaeda riparta da quell'area. Al Zawahiri, al quale è venuto a mancare un emissario fondamentale come Abu Khair, si ritrova come referenti dei criminali efferati del calibro di Ali Arjani che non sono però capaci di tenere in piedi nemmeno un piccolo battaglione.  Se si sveglia Bin Laden jr. e Assad ricomincia in maniera massiccia il gioco dei qaedisti da usare come spettro per l'Occidente, la musica può cambiare.
I patti oscuri alla fine non servono nemmeno.
Ci vuole il referente giusto e un obiettivo raggiungibile.

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