martedì 17 aprile 2018

L'esercito dei former alla corte dell'Emiro

Un tweet al veleno dell'ex Ambasciatrice americana in Qatar, che sottolineava l'enorme sproporzione tra i fondi destinati ai palestinesi da Sua Maestà Salman e le cifre utilizzate dall'erede al trono per spese personali, è indicativo non solo del momento poco felice attraversato dalla diplomazia americana sotto la presidenza Trump, ma anche del modo e dei mezzi usati dal Qatar per tenere testa agli avversari del Golfo.

La presenza di una delegazione omanita di alto livello all'inaugurazione della Qatar National Library è simbolo dell'impostazione impressa alla rinascita del Sultanato da parte di Sua Maestà Qaboos che ha investito molto nell'istruzione e negli scambi culturali. L'Oman è inoltre consapevole del fatto che se cedesse di un solo punto alle richieste di emiratini e sauditi di isolare il Qatar, finirebbe in una situazione anche peggiore del Bahrain che, pur essendo una specie di protettorato saudita, riesce comunque a mantenere un proprio grado di autonomia.
Per il resto a Doha si sono visti molti ex capi di governo di Paesi che nel passato recente sono stati alleati dell'Emiro e i cui esecutivi in vario modo continuano a sostenere il Qatar.
L'Italia è oramai obbligata ad uscire da quella che potremmo definire modalità Obama, amministrazione alla quale i governi italiani dell'epoca hanno concesso molto, e a prendere atto del nuovo corso.
La politica estera italiana non può prescindere da interlocutori come Trump, Al Sisi e Mohammed bin Salman. A meno che non vi siano interessi particolari da tutelare (il Qatar, come gli altri protagonisti della disputa, in virtù delle relazioni maturate possiede la capacità di esercitare pressioni anche forti per rafforzare o conquistare alleanze) è opportuno che l'Italia cerchi una sua collocazione in ambito internazionale rimanendo neutrale ma senza escludere, o mantenere ad un livello troppo basso, relazioni importanti.

Foto Tamim bin Hamad al Thani

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