Saad Hariri è abituato alle avversità, ma questa probabilmente non se l'aspettava. Pensava di aver risolto in altro modo con i sauditi. Ha sottovalutato le ambizioni di Rifi e Gemayel.
Sul fronte saudita i veri vincitori risultano essere Thamer al Sabhan e il ministro dell'informazione. Incarnano alla perfezione l'interlocutore ideale di Mohammed bin Salman. Sempre più in caduta libera pare essere Adel al Jubeir. Tra l'altro vecchio amico di bisbocce americane proprio con Hariri. Nel contesto attuale un ministro degli esteri non è nemmeno necessario. A tempo debito Al Awwad o il fratello di bin Salman potrebbero assumere l'incarico.
Interessante il fatto che in Italia i media vicini al governo, e spesso usati dagli apparati d'intelligence per orientare l'opinione pubblica su questioni che riguardano la Libia o anche vicende di rapimenti, si siano schierati non tanto con Hariri quanto contro gli Hezbollah e l'Iran. La battaglia per le nomine ai vertici dei servizi segreti passa come sempre attraverso l'alleato americano. Trump come al solito limita l'intervento americano ad un appoggio esterno piuttosto che a conflitti frontali. Una mano a lui e a Pompeo non porterà ad una guerra nè danneggerà i rapporti con l'Iran. In attesa che si stabilizzi il Libano, dove tra l'altro ci sono i nostri soldati, i direttori all'assalto di riconferme e avanzamenti cercano qualche opportunità anche per se stessi.

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