Dopo mesi di fitto lavorio dietro le quinte, le lobby degli apparati di sicurezza hanno attivato i loro referenti all’interno dei media. I vari riempitivi del fine settimana vedono in bilico principalmente i vertici dei servizi segreti. L’assalto delle femmine, aspiranti spie, pare essere inesorabile.
Tempo fa il generale Parente era dato come prossimo direttore del Dis. L’ex capo del Ros approdò all’Aisi in un momento di apparente smarrimento. Si ragionava ancora con la logica del "lasciamoli partire". In fondo all’epoca i terroristi che costituivano un fastidio, piuttosto che un pericolo imminente, erano relativamente pochi. Le nozioni sul fenomeno terroristico moderno rappresentato da Daesh, sono difficili da mettere in pratica in ottica investigativa. E’ semplice inquadrare cause ed effetti. Risulta molto più complicato cogliere gli indicatori di attività da sottoporre a monitoraggio. Oggi non è tanto importante individuare un terrorista, ma il potenziale attentatore o foreign fighter che può entrare in azione in un intervallo temporale tanto impercettibile quanto breve. In una società complessa come quella italiana, la gamma dei profili da individuare è molto ampia. Si va dal musulmano cosiddetto moderato fino al radicalizzato. Non possono essere tralasciate figure come l’insoddisfatto e il simpatizzante. Nei giorni scorsi è giunta notizia di un ex cattolico radicale divenuto musulmano radicale e sostenitore di Daesh. La casistica più recente ha reso evidente come nemmeno la giovane età costituisca oramai un fattore di sicura individuazione.
Il generale Parente ha messo a disposizione un metodo che è frutto di esperienza e ragionamento. Metodo che può essere efficace nel proseguimento della sua esperienza nell'intelligence o anche per sistemare il caos che sembra albergare nell’Arma e al quale va messo riparo nel più breve tempo possibile.
Come tradizione “sismica” vuole, l’Aise è da sempre nell’occhio del ciclone.
Un comparto che ha un focus particolare sulle questioni estere, ma che deve valutare le conseguenze ad ampio raggio che queste possono avere su vari settori d’interesse a livello nazionale, non ha di certo un compito facile da assolvere. Molto è dovuto alla guida politica che lo gestisce.
Ieri in tutta la Siria volavano alte le bandiere della rivoluzione.
Ribelli e jihadisti manifestavano in mezzo alla popolazione.
Sono scesi in piazza anche quelli indicati come terroristi dagli organismi internazionali. L’esilio dei marò è poca cosa rispetto al sangue versato dai siriani anche in conseguenza dei tavoli di negoziato. Se Staffan De Mistura ha fatto tanto danno, è perché il potere politico l’ha messo in condizioni di agire. Quello stesso potere politico che alla fine, almeno in Italia, lo ha anche giustamente messo alla porta.
L’Aise in questi anni è stato uno dei tanti interlocutori del governo. Se una colpa bisogna addebitare al generale Manenti, è quella di non essersi liberato subito e in maniera netta, di una resistenza interna che sembra affliggerlo sin dall’inizio del suo mandato. E che ha compromesso il lavoro di mediazione portato avanti su vari fronti. Il direttore si è forse appiattito su una soluzione in stile Hudaybiyyah in attesa di tempi migliori, per poi riporre troppo tardi tutte le proprie speranze nel fustigatore De Caprio chiamato a fare da baluardo agli attacchi interni.
Gli apparati di sicurezza sono al servizio dello stato ma lavorano per il governo.
Un buon bilanciamento come quello realizzato dal prefetto Rizzi, profondo conoscitore della macchina degennariana e abile nel gestire i rapporti con la politica senza sacrificare i principi e compromettere il proprio operato, e anche dal generale Toschi, che ha proceduto a passo spedito spegnendo i focolai polemici iniziali che ne hanno caratterizzato la nomina, può costituire un modello efficace in grado di ridurre al minimo le tensioni provocate dalle strumentalizzazioni.
E' auspicabile che, almeno fino alle elezioni, ognuno nel proprio ruolo gestisca il futuro, suo e della nazione, senza generare inutili scossoni.

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