venerdì 13 ottobre 2017

Da Idlib ad Aleppo

Ma dobbiamo riflettere su quella che è la situazione adesso.
L'esercito turco ci ha chiesto alcune posizioni di fronte a quelle occupate da questi atei.
Una presenza limitata sotto la supervisione dei mujahedeen. In modo da non potere esercitare alcun controllo in queste terre dove regna la legge di Allah.
Bisogna procedere in questa maniera anche a causa dello stato di necessità che i mujahedeen stanno attraversando e visti i nemici, da oriente a occidente, che li accerchiano.
Quindi i comandanti potranno concedere i passaggi concordati in virtù di queste condizioni e di quanto ricordato finora. E Allah sa ciò che è meglio.
Sheikh Abu Fateh Al Farghali

Non è facile spiegare ad un piccolo esercito che sta aspettando solo un ordine per sparare, che invece bisogna scortare il potenziale aggressore, dopo che per molti mesi si è posto l'accento sul fatto che la partecipazione ad Euphrates Shield era contro gli insegnamenti religiosi.
Il ruolo dell'imam in questi frangenti è quello di supportare il comandante militare con il buon senso e la legge di Allah.
Compito non facile per Sheikh Al Farghali, stimato giurista di origini egiziane approdato ad Hayat Tahrir da Ahrar al Sham, soprattutto dopo che la pubblicazione delle comunicazioni tra i comandanti di HTS, orchestrata dall'intelligence turca proprio per indurre questo scenario e anche cercare di allontanare gli elementi più radicali favorendo le divisioni interne, aveva messo in evidenza come alcuni imam venivano usati solo per mettere un sigillo finale a decisioni già prese.
Nel lungo periodo i mujahedeen si renderanno conto che questa soluzione è la migliore possibile e che come è scritto nel Corano, spesso siamo costretti a fare cose che non pensiamo buone per noi, ma che poi si rivelano essere le migliori per il nostro destino.
I piani di Allah onnipotente e glorioso sono sempre i migliori.




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