domenica 24 settembre 2017

Le ambizioni di Ramzan

“Kadyrov is a man of big ambitions. He plays the role of an unofficial Russian envoy in the countries of the Middle East,” said Dmitri Trenin, director of the Carnegie Moscow Center. “Yes, sometimes he makes statements that go further than or contradict Russia’s official position. But in general he promotes Russia as a state with a large Muslim community and therefore a state that has the right to participate in all Muslim affairs. And that’s something positive for Russian foreign policy.” wsj

Il commento di Dmitry Peskov, che ha parlato di emotività dei musulmani rispetto a tematiche delicate come quelle dei rohingya, dà un'idea di quello che è da sempre l'approccio del Cremlino nei confronti della guida della Cecenia. Cosciente ma non preoccupato.
Ramzan Kadyrov è una specie di Haftar del Caucaso.
Ha però un solo interlocutore politico e, consapevole dei propri limiti, non intende sorpassarli.
Mentre nel generale Haftar, dopo la convocazione in Francia, si sono rafforzate le velleità politiche, tanto da iniziare una serie di giri frenetici in cerca della legittimità in grado di fargli scalzare Serraj dal proprio ruolo, Kadyrov è ben conscio del fatto di non essere in grado di andare oltre il governo della sua terra.
Lo fa aiutandosi con il pugno di ferro e con l'uso accorto delle tradizioni culturali e religiose che sa di poter amministrare secondo le proprie esigenze. Il sufismo e la storia della sua famiglia. In tutto ciò è supportato da fedelissimi come Daudov e Delimkhanov. Probabilmente per il futuro accarezza l'idea di un seggio in parlamento che verrebbe ad integrarsi alla perfezione con l'asse costruito con il Cremlino.
Non ha ambizioni internazionali. Ama comunque mantenere una sfera d'interesse globale.
E' in ottimi rapporti con le casate del Golfo. Un plotone di suoi soldati è stabilmente in Siria a ribadire il contrasto con i ceceni di Daesh. Gli inviati, sia di Haftar che di Serraj, dopo Mosca fanno tappa a Grozny. Ma le manifestazioni di supporto alle cause dei musulmani, più che aiutarlo a diventare un riferimento alternativo a Erdogan e agli al Saud all'interno della galassia musulmana, o a costituire una minaccia per Putin, servono a reclamare l'identità delle popolazioni del Caucaso all'interno della federazione russa.
Non in contrasto al governo centrale ma per indicare alla sua gente che la Cecenia è saldamente sulla mappa e nulla ha da temere. Piuttosto ha tutto da guadagnare dalla convivenza pacifica con il resto della nazione.
Il presidente russo è ben consapevole della situazione e continua a tenere comunque un occhio vigile.

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