lunedì 11 settembre 2017

Bin Salman gioca con il fuoco. E potrebbe bruciarsi.

Saudi clerics, too, have visited the West to bring the same message. They include the cleric Muhammad al-Arifi, who has said that “Muslims have no life without jihad” and who has been linked to a number of Islamic State recruits from Britain.
nytimes

La jihad è un dovere religioso che può essere compiuto a vari livelli. In Europa solitamente Sheikh al Arifi ne discute in termini generali. Come vengano recepiti i suoi ragionamenti di volta in volta, è una questione di responsabilità da condividere.

Secondo le gole profonde di casa reale, il vero obiettivo dietro all’ondata di arresti che ha colpito alcune delle più importanti personalità dell’establishment religioso saudita, sarebbe proprio lui. Sheikh Mohammed al Arifi è il rappresentante per eccellenza di quel salafismo contro il quale viene puntato il dito ogni volta che occorre un grosso attentato di derivazione fondamentalista.
In realtà il salafismo, che di per se non è violento, e anzi in Catalogna è rappresentato da varie comunità ben integrate, è semplicemente espressione del ritorno alle origini. I salafiti praticano l’Islam delle prime tre generazioni di musulmani. Quelle vicine al Profeta Mohammad, pace e benedizioni su di lui. Nella sua interpretazione più violenta, il salafismo ben si adatta a rispondere all'esasperazione degli emarginati.
Non è un caso che le inchieste condotte in Italia negli ultimi due anni siano ambientate in regioni come Puglia e Campania, aree cioè in cui il sentimento antistato è incarnato dalla criminalità organizzata, ma anche in Lombardia (Valsabbia in particolare) dove al buon governo della Lega corrisponde un forte orientamento razzista nei confronti di immigrati e musulmani. Il salafismo proposto da Daesh è la risposta antistato prediletta dai giovani di seconda generazione e dai convertiti che devono sfogare la propria frustrazione nei confronti di una società e di un governo che li marginalizzano sempre più.
Sheikh Mohammed non ha mai istigato alla violenza e al terrorismo. Ma a seconda del pubblico, e lui viaggia parecchio, le sue parole sono interpretate in vario modo.

Stando alla testimonianza del fratello, Sheikh Salman al Oada sarebbe stato prelevato dalla polizia mentre si trovava nella sua abitazione nel tardo pomeriggio un paio di giorni fa, per fornire chiarimenti circa un suo tweet di commento alla telefonata intercorsa tra l’emiro del Qatar e l’erede al trono saudita. L’imam auspicava una pacificazione.
Ciò che accomuna Sheikh Mohammed e Sheikh Salman è una storia di contestazioni al regime che li ha portati in carcere per motivazioni diverse. Attualmente a Sheikh al Oada verrebbe contestata la vicinanza a Sheikh al Qaradawi per il quale sarebbe stata recentemente cancellata la red alert dell’Interpol per mancanza di prove a sostegno dell'accusa di essere stato protagonista diretto delle rivolte egiziane. L’essersi rifiutato di abbandonare un consiglio di Imam con simpatie per la Fratellanza, tra l’altro finanziato dal Qatar, e il non aver manifestato pubblicamente il suo supporto per la causa saudita, sarebbero le classiche gocce che hanno fatto traboccare il vaso.
Sheikh al Arifi in maniera molto lungimirante ha twittato diverse volte il suo sdegno per il Qatar.
Evidentemente le autorità sospettano che si sia trattato di una condanna formale dal momento che era spesso ospite gradito dei convegni patrocinati da Sheikh Tamim.

Per un verso Mohammed bin Salman vuole dare un segnale (nelle ultime ore si parla per l'ennesima volta di una sua incoronazione imminente). Dall’altro vuole prendere i classici due piccioni. Ha zittito molti personaggi considerati dissidenti in patria e ha inteso sferrare un duro colpo al terrorismo giacché alcuni degli imam arrestati sono su liste di personaggi non graditi in Europa e in America. O addirittura designati come terroristi.
Fatto è che, il malcontento nel regno cresce. Il disastro yemenita non accenna a risolversi e per ora non si vedono i risultati concreti delle riforme. Cinema e alleggerimento sulla regola della guardianship non fanno primavera. Sul fronte sciita salgono sempre più le tensioni.
In rete si inizia a parlare di rivolta. Probabilmente si tratta di gruppi sparuti. Ma dal momento che a livello internazionale sono in molti ad essere stufi del protagonismo e dell’aggressività del giovane principe, qualche Paese intraprendente potrebbe approfittare del clima e organizzare una mini-rivoluzione. Una repressione dura potrebbe costituire un casus belli contro l'Arabia Saudita.

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