lunedì 7 agosto 2017

Aspettando l'emirato

As the Syrian conflict grinds on, the Commission’s work must continue in order to fulfill its mandate investigating all human rights violations committed in the armed conflict and, wherever possible, to identify alleged perpetrators in order to support efforts to bring those responsible to justice. It is our obligation to persist in its work on behalf of the countless number of Syrian victims of the worst human rights violations and international crimes known to humanity. Such efforts are needed now more than ever. ohchr

La signora Del Ponte si sarebbe poi lamentata con la stampa, del fatto che ormai in Siria è impossibile distinguere tra buoni e cattivi, visto che i civili vengono colpiti da crimini efferati compiuti anche dai rappresentanti di ribelli ed opposizione politica. Le sue dimissioni sarebbero legate all'impossibilità di condurre indagini che portino ad individuare i colpevoli.
Dietro questa dichiarazione c'è il quadro oscuro in cui si muovono le opposizioni che siedono volontariamente ai tavoli dei negoziati. Con l'illusione di vedere un giorno rimosso dal potere Assad, vengono costrette anche con violente minacce, ad accettare diversi compromessi. Visti sfumati però di volta in volta i piani per una nuova Siria, ricorrono a mezzi propri per contrastare il dittatore. Colpevoli quindi della situazione precaria in cui i siriani sono costretti a vivere, non sarebbero solo Daesh, al Qaeda e Hayat Tahrir al Sham ma l'esasperazione indotta dalla presenza di Assad.


In maniera chiaramente concertata, dopo il messaggio anti-Joulani dell'inviato americano in Siria, è arrivata la presentazione in video del nuovo capo di Ahrar al Sham. Come prevedibile Hassan Soufan ha tenuto un discorso conciliatorio che ha preso coscienza del fatto che il suo movimento sta attraversando una crisi molto simile a quella del 2014 in seguito al massacro che colpì l'intera catena di comando del gruppo. Soufan, salafita formatosi in Arabia Saudita ma noto per le sue posizioni anti-alQaeda e contrario in generale all'estremismo, ha chiesto scusa al popolo siriano per i disagi creati dalle lotte interne ad Ahrar e per gli scontri con gli altri gruppi e, promuovendo il concetto di "jihad moderata", ha aperto le porte a tutti quelli che si vorranno unire (militarmente e politicamente) alla lotta di liberazione per la Siria. Si è trattato di un discorso teso a rassicurare sostenitori e finanziatori e a unire le forze.


Rimane chiaro come l'unico vero ostacolo alla pacificazione della Siria sia il perdurare del regno sanguinario di Assad. Meno chiare però, sono le intenzioni delle coalizioni occidentali e arabe in merito. Da qualche think tank sostenuto dai sauditi è stata diffusa la notizia che le trattative per un periodo di transizione di diciotto mesi sarebbero a buon punto. E' difficile comprendere però, per quale motivo Assad si sarebbe convinto ad andare via.
A questo punto, dopo l'iniezione di diverse migliaia di uomini provenienti da Arsal, ad al Julani ed Abu Jaber converrebbe dichiarare, con la benedizione di Qatar, Iran e Turchia, la formazione dell'emirato di Idlib. Benedizione accompagnata da una discreta somma di denaro per scongiurare qualsiasi velleità di sconfinamento. Non sarebbe una soluzione stabile e a lungo termine ma potrebbe spingere il dittatore a lasciare. In una Siria siffatta, sarebbe come un topo in trappola. E potrebbero anche essere risolte la questione curda e quella dell'ingerenza dell'Iran nella regione che alla fine sono i veri ostacoli al compromesso.
Nel frattempo in Iraq, dopo la visita all'erede al trono a Jeddah, gli uomini di Sadr hanno manifestato appunto per chiedere al governo di cacciare dal Paese le milizie iraniane. Chiudere la questione siriana in tempi relativamente brevi, servirebbe anche a spegnere le velleità guerriere di Mohammed bin Salman.


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