giovedì 29 giugno 2017

Il coraggio tradito di un uomo-bambino

Come non esiste del resto alcuna certezza sulla sua morte. La sua scheda «Mujahid» identificativa, che di suo pugno Anas ha compilato per essere «arruolato» tra le fila dello Stato Islamico, dice chiaramente: alla domanda «hai già compiuto il jihad e dove?», risponde «Sì, il jihad contro me stesso». mara rodella corriere

Qualche settimana fa, alla preghiera di strada nella tenuta della sua casa famiglia, il colonnello De Caprio ha detto che "il coraggio di un uomo è quando combatte se stesso".
Questo è il concetto racchiuso nella jihad al nafs. Si tratta della prima e vera fase della jihad che ogni musulmano deve affrontare nel corso della propria esistenza .
Non ci si può mettere al servizio della comunità in nome di Allah, se non ci si è liberati delle proprie debolezze e manchevolezze. Di tutti quei limiti cioè, che impediscono la comunione con Dio e una vita vissuta all'insegna del vero monoteismo. Si tratta di un lavoro da fare su se stessi che può durare anche anni.
Non si può andare a combattere e morire in nome di Allah per liberare un popolo dall'oppressione, e nemmeno impegnarsi nell'arena politica per sostenere la comunità islamica, se prima non ci si è liberati di tutto ciò che ci allontana da Dio.
In generale gli istigatori tendono a sottostimare la jihad al nafs, perchè sono consapevoli del fatto che essa può costituire una barriera per il reclutamento. Anwar al Awlaki era solito dire che il Profeta, pace e benedizioni su di lui, spesso nemmeno chiedeva ai volontari che si offrivano di andare a combattere, se avevano compiuto la loro jihad al nafs. Questo è un uso classico della decontestualizzazione storica fatto dai salafiti radicali. All'epoca, tenuto anche conto dello stadio a cui era giunta la rivelazione coranica, il livello di consapevolezza spirituale raggiunto dai musulmani era tale da renderli pronti al combattimento.
Ad Anas così come ad altri, l'indicazione del compimento della jihad al nafs qualora non provenissero da ulteriori esperienze in territorio di guerra, è stata richiesta come fase finale dell'arruolamento.

Anas si era immesso in un percorso ambizioso ma anche brillante nella lotta contro se stesso. Aveva iniziato a studiare la religione alla quale apparteneva solo per nascita,.
Cercava di spiegarla ad amici e concittadini. Si batteva per rivendicare la propria identità di musulmano e marocchino cresciuto in Italia. Ma non ha trovato risposte e si è lasciato incantare dai cattivi maestri. E' rimasto bambino anche se in cuor suo è ancora convinto di essere diventato uomo.
Il coraggio a volte ha bisogno di essere aiutato. Ma deve essere l'aiuto giusto.


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