venerdì 26 maggio 2017

Al Australi

Sheikh Abu Suleyman al Muhajir, australiano di origini egiziane, incarna molto più di Anwar al Awlaki il prototipo di jihadista di seconda generazione.
Si tratta di una persona estremamente intelligente, che ha studiato e viaggiato molto, e soprattutto sa comunicare a seconda dell’interlocutore . Sa cosa dire e come dirlo. Non stupisce che, appena messo piede in Siria e unitosi ai ranghi di Jabhat al Nusra, abbia scalato i vertici in maniera abbastanza agevole. Non solo si occupò della scissione da al Qaeda ma fece da mediatore tra i rappresentanti di ISIL e Nusra per cercare di ricucire il rapporto. Probabilmente in quel frangente giocò un ruolo di primo piano anche rispetto al dottor Al Zawahiri che successivamente, abbiamo scoperto adesso, non fu nemmeno avvertito della separazione tra Nusra e al Qaeda, ma dovette fare buon viso a cattivo gioco.
Con Abu Suleyman portavoce, Nusra aveva in concreto iniziato un percorso evolutivo che avrebbe potuto farne un giocatore importante nello scacchiere siriano senza bisogno di sostenitori stranieri. Poi al Julani perse la partita della fusione e, per qualche motivo che non è stato ancora chiarito, perse anche Abu Suleyman che, pur rimanendo in Siria, lasciò Jabhat Fath Sham.
In una intervista trasmessa oggi risulta interessante la sua analisi sul coinvolgimento degli Stati Uniti nel conflitto siriano che in fondo spiega anche il comportamento ambiguo nei confronti del nuovo gruppo Hayat Tahrir. Pur essendo stata reiterata la convinzione che l’evoluzione di Nusra è considerata ancora un semplice rebranding, gli americani non designano direttamente HTS e nemmeno Abu Jaber, che è il comandante generale, ma continuano a concentrarsi su Abu Mohammed al Julani.
E’ vero, come sostiene Sheikh Abu Suleyman, che l’America ha bisogno di un movente per rimanere in Siria e un Julani capo di al Qaeda torna sempre comodo, ma anche loro evidentemente non capiscono come stanno effettivamente le cose sul terreno rispetto alle varie anime di al Qaeda.
In più hanno evidentemente paura di ripetere lo stesso errore fatto con Nouredin al Zenki. Uno sparuto gruppo di combattenti, addestrato da turchi ed americani, ha approfittato di questa relazione, non solo per ottenere armi ed esperienza, ma per accrescere anche coscienza politica e presenza mediatica. Quelli che si erano uniti a Nusra solo per qualche combattimento e per dividere il riscatto del rapimento pagato dagli emissari del governo italiano, oggi siedono ai vertici di Hayat Tahrir. Gli americani sono riluttanti ad entrare in trattative con HTS perché hanno paura che accada la stessa cosa. Conviene quindi tenerli come nemici. Così facendo però si prolunga l’agonia della Siria visto che Assad non se ne va e si spinge Hayat Tahrir sulla stessa via di Daesh. Se non li si porta ad un tavolo di mediazione torneranno su sentieri estremi peggiori di quelli dei tempi di al Qaeda.

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