lunedì 10 aprile 2017

I terroristi contro il terrorismo islamico

Così come ai tempi di Papa Ratzinger, in occasione di un incontro dedito al dialogo inter-religioso, i sapienti musulmani si rifiutarono di firmare una dichiarazione di condanna e presa di distanze dal terrorismo, oggi più che mai i musulmani rigettano l’espressione “terrorismo islamico” poiché essa contiene l’idea che il terrorismo sia in qualche modo insito nella religione.
Il profeta Muhammad, pace e benedizioni su di lui, nell’esortare i credenti a starne lontani e a combatterli ove necessario, elaborò una definizione accurata dei Khawarij (deviati, estremisti) descrivendoli come persone che, pur muovendosi in ambienti islamici e recitando il ruolo di musulmani esemplari, sono in realtà completamente fuori dalla religione :
verrà il tempo in cui alcuni tra voi eseguiranno la preghiera e digiuneranno in maniera apparentemente così perfetta da voler sembrare superiori . 
Ma la recitazione del Corano non andrà oltre le loro gole. 
E loro stessi andranno fuori dall’Islam. 
L’espressione usata dal Profeta, pace e benedizioni su di lui, rende perfettamente l’idea di quello che è un terrorista. Uno che fa di tutto per sembrare musulmano ma alla fine non lo è. Piuttosto si serve di questa sua maschera per dare legittimità all'uso indiscriminato della violenza che non appartiene alla religione islamica. Essere musulmani significa vivere il Corano attraverso le parole e le azioni. Quando non si va oltre la recitazione fisica (oltre la gola) allora si è automaticamente fuori dalle pieghe dell’Islam.
Questo concetto è tanto più stringente per i musulmani che combattono le guerre di liberazione delle terre d'Islam. Chi è impegnato a difendere la propria terra dalle invasioni straniere o dalle dittature ha il bisogno continuo di tenere fede alla propria identità religiosa che è anche sociale e politica.
L'Islam è religione e soprattutto un sistema di vita .

Isis conducts criminal acts which we reject but they do have some deeds against the enemies of the religion, especially the Rawafid, which we are happy about. But the Khawarij will remain Khawarij.
I say if Khawarij repent and return to the Sunna, this is more beloved to my heart than killing and fighting them.

Shaikh Abu Mariyah Al Qahtani


Del volto di Maysar Ali Musa Abdallah Al Juburi, meglio conosciuto come Abu Mariya Al Qahtani, ci sono solo tre foto risalenti ad alcuni anni fa. Poche anche sono le notizie a disposizione e molte di esse sono state diffuse dai suoi nemici. Di certo si trovava in Siria da un paio d’anni quando Abu Mohammed Al Julani andò con un pugno di uomini al seguito. Risulta nato in Iraq ma potrebbe essere siriano di origine. I detrattori raccontano di un suo impiego nei Feddayyin di Saddam Hussein prima, e nei corpi della polizia irachena messi assieme da Paul Bremer successivamente.
Abu Mariya ha un carattere molto deciso e grande carisma. Sheikh Al Julani lo nominò subito mufti del consiglio religioso di Nusra. Grande conoscitore della giurisprudenza islamica che affonda le radici nelle fonti salafite , è anche esperto di arti militari. La sua personalità effervescente, spesso lo prendono in giro perché ha una mimica molto simile a quella di Ghaddafi, gli permette di avere molta presa sia sui combattenti che sui civili. Le posizioni impopolari che a tratti assume, gli hanno appunto procurato un bel po’ di nemici.
Nel 2014 fu tra quelli che maggiormente spinse per la separazione da ISI poichè aveva intuito che Sheikh Al Baghdadi aveva mire al di là dell'unificazione che avrebbero danneggiato il progetto siriano. Però Abu Mariya andò oltre, iniziando una vera e propria lotta contro Daesh.
Alcuni lo accusarono, quando scese a Daraa, di passare più tempo a pontificare contro l'estremismo di ISI, che a combattere e a tenere uniti i ranghi di Nusra. Avrebbe inoltre stretto troppe alleanze con gruppi di ribelli moderati e fu tra i primi a chiedere la separazione da Al Qaeda. Glielo avrebbe consigliato addirittura Abu Yahya al Libi.
Per Al Julani e il gruppo dirigente di Nusra, che includeva anche membri occidentali, questo era troppo. Contando sul marchio di Al Qaeda ed essendoci ancora grande collaborazione sul campo con Daesh, Al Julani avrebbe perso un gran numero di combattenti scontenti per queste prese di posizione. Se nell'immediato Abu Mariya vedeva l'occasione di formare un gruppo più compatto e affidabile in grado di combattere meglio contro il regime, Abu Mohammed aveva il compito di assicurare che ci fossero grandi numeri. Uomini e mezzi. Ascoltati i malumori delle truppe, il comandante di Nusra defenestrò Al Qahtani sostituendolo con Sami Al Oraidi. Anche lui giurista, ma giordano di origini e su posizioni più oltranziste, che poteva assicurare un buon afflusso di foreign fighters dalla Giordania.
E nei giordani Sheikh Al Qahtani iniziò in maniera lungimirante a vedere il nemico.
Specie quel Maqdisi, cavallo di troia dell'intelligence giordana, che oggi cerca di rompere i legami all'interno di Ayat Tahrir. In seguito anche alle pressioni del Qatar Al Julani ruppe con Al Qaeda, ma sempre in maniera soft per non entrare in confronto diretto con Al Zawahiri, e Sheikh Al Qahtani è rimasto fermo nella sua missione contro gli estremismi di Daesh. Continua ad esprimere il proprio dissenso, testi giuridici alla mano, sia sui campi di battaglia che sui social dove è diventato una superstar.
A dispetto di un'apparente rigidità teologica Abu Mariya Al Qahtani non è ostile all'Occidente in quanto tale ma solo per il ruolo che alcuni Paesi giocano nello scacchiere medio-orientale.
Nell'eventualità di un cambio di regime, con tutta probabilità gestito da americani, russi, arabi e turchi, Al Qahtani potrebbe costituire un interlocutore ideale in grado di evitare situazioni catastrofiche come quelle della Libia e dell'Afghanistan.
Al di là della rituale designazione da parte del tesoro americano, la definizione di terrorista è impropria per un uomo come lui.
L'Italia, pur non essendo una figura di primo piano nel contesto internazionale, ha comunque interessi legati alle questioni del terrorismo e dei profughi e può suggerire strategie adeguate attraverso i funzionari dei ministeri di competenza e degli apparati di sicurezza che godono di buon credito presso gli alleati.

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