domenica 19 febbraio 2017

Scendi dalla macchina

 In attesa di sferrare una serie di attacchi decisivi contro il regime, Ayat Tahrir sta cercando di consolidare il suo potere nel nord della Siria ma ha anche iniziato un'offensiva a Daraa per valutare le proprie forze. Senza servirsi di aiuti esterni cerca di bloccare i corridoi del cessate il fuoco usati da russi e assadisti per fiaccare gli avamposti ribelli facendo stragi di civili. Non sono riusciti a determinare grosse variazioni di mappa ma hanno causato perdite pesanti tra le fila siriane e russe.
La partita più complessa e delicata si gioca ad Idlib. La battaglia tra Liwa al Aqsa, insidioso prodotto scissionista di Jund al Aqsa, e Tahrir Sham al fianco del Free Syrian Army, miete decine di vittime giorno per giorno e si prevede un redde rationem pesante. Non si tratta di una semplice guerra intestina ma della necessità di separare i più oltranzisti, al servizio di Al Baghdadi, da quelli disposti a combattere in maniera pulita contro Assad. Separarli e sterminare la parte che faceva da ostacolo alla causa siriana. Era questo l'obiettivo di al Julani quando cercò di inglobarne una parte subito dopo la scissione da al Qaeda. Non ci si può fidare di un alleato che si accoda per qualche scorribanda e di nascosto ti fa takfir rendendoti apostata e passibile di uccisione come niente fosse. La mossa non fu capita dalla stessa compagine di Jabhat Fath e dagli alleati, che credevano che Al Julani fosse stato incaricato dagli Stati Uniti (questi sono i patti stretti dagli americani con FSA per oscurare l'elemento religioso dalla guerra ma anche in previsione di un futuro governo diretto da Washington) di eliminare tutti i gruppi che potevano dare fastidio e che potesse fare lo stesso con gli altri. Abu Jaber, da saggio comandante della nuova formazione, non ha dimenticato il problema e ha dato la stretta che dovrebbe essere definitiva.

Individuare i buoni e sterminare i cattivi prima di andare alla guerra.
In questo, Renzi ha mostrato poca intelligenza tattica.
Se voleva arrivare ad un redde rationem definitivo o per lo meno ad una rottura in grado di cementare la sua posizione e quella dei suoi, avrebbe dovuto agire nel corso dell'estate. Chiudere tutti i corridoi di dissenso prima del referendum.
Adesso si ritrova parecchi focolai irrisolti che sono lì per rimanere e dare fastidio all'occorrenza.

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