martedì 21 febbraio 2017

Pansa veste il diavolo

Nel Maggio del 2013, come ogni anno il giorno ventitré, tutte le personalità del mondo istituzionale confluirono a Palermo per le celebrazioni in ricordo della strage di Capaci. C’è un’immagine tra tante che racconta, più di quanto possano fare le parole, i diversi stati d’animo di due uomini che hanno in comune il nome di battesimo. Il prefetto Marangoni e il prefetto Pansa a poca distanza l’uno dall’altro ed entrambi accanto al ministro, avevano stampate sul volto due espressioni in netto contrasto tra di loro. Accigliato l’uno. Serafico come sempre l’altro. La settimana successiva, a conclusione di mesi di aspre battaglie dietro le quinte e sullo sfondo di quella persa dal prefetto Manganelli contro la malattia, fu nominato il nuovo capo della polizia.

Scoprire Alessandro Pansa all’indomani di un’ennesima vittoria, stavolta contro un quasi inesistente Ministero della Difesa, o in occasione di una presunta sconfitta dopo la nomina del vice direttore dell’agenzia per la sicurezza interna, è di sicuro fare un torto all’attuale direttore del Dis.
Uomo caparbio e fine stratega. Uomo della gente e per la gente.
Il Pansa vero è quello che viene fuori dai racconti di coloro i quali hanno lavorato con lui negli anni difficili della mafia e della camorra e anche dei rapimenti. Uno che non ci sta a perdere nemmeno quando si prende un attimo di tempo per giocare a scacchi. L’investigatore che studia la situazione da ogni prospettiva e trova lo stratagemma adatto a spingere il criminale nel tranello. Fa anche un po’ l’attore quando cade dalle nuvole a leggere l’ennesimo resoconto sulle uscite di un poliziotto, un capo di polfer locale mica uno sbirro qualsiasi, che su Facebook se la prendeva in maniera pesante con i migranti. In un primo momento ho pensato a un hackeraggio. Non potevo crederci. Rispose ai cronisti con sguardo quasi sognante il capo della polizia durante una pausa del concerto della banda della polizia a Pesaro. Il calendario gli era amico. Le bufere del fine settimana di solito si spengono nel giro di pochi giorni. La manovra di alleggerimento era la mossa più scontata da tentare.

Il prefetto Pansa gioca per se stesso, per lo Stato e per i suoi uomini. Fa gli interessi di tutti. E’ questa la differenza tra lui e gli altri. Questo è il suo segreto. Gioca per vincere ma non gioca mai da solo. Lo sa bene la polizia e adesso lo imparano anche i servizi segreti. Nel caso in passato gli fosse sfuggito questo piccolo particolare.

Foto Sicurezza Nazionale

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