martedì 20 dicembre 2016

A CASA di Minni

Alla riunione del comitato analisi strategica c'era un uomo barbuto come al solito con lo sguardo da rottweiler.
Mi pare che il posto sia ancora vacante. Se non me lo fanno capo subbito, come direbbe lui quando gli scappa, entro con il camion direttamente nell'ufficio del ministro Minniti.

Uno che in tempi non sospetti, quelli dell'antiterrorismo si erano persi e che hanno con tutta probabilità trascurato anche dopo la chiusura dell'indagine che lo riguardava, è Anas el Abboubi.
Logica vorrebbe che venga mandato a compiere un attacco in un Paese che non sia l'Italia approfittando di qualche cortocircuito informativo. Anas aveva buoni contatti in nord Europa ma anche nel Maghreb.
Utilizzarlo in Belgio dove c'era il gruppo che lo ha introdotto nel mondo del jihadismo fai da te o anche in Marocco dove, a parte parenti e amici, può contare anche su gente che ha vissuto in Italia, sarebbe un trampolino per l'effetto mediatico di cui Daesh è alla continua ricerca.
Anas però ha un conto aperto con l'Italia ma soprattutto con noi, perchè non gli abbiamo dato quella possibilità a cui lui aspirava per riscattare la condizione degli immigrati. Rendersi protagonista di un attentato in Italia per lui è il sogno della vita. Il giovane di origini marocchine non ha mai avuto una personalità da leader nè grande carisma. Da sempre beneficia di molta empatia più che altro per la regola che vuole noi musulmani sempre pronti a dare conforto e aiuto ad un fratello. In generale però Anas è sempre andato alla ricerca di una figura autorevole di riferimento in quanto musulmano dedito all'ideologia politica e che non ha mai trovato nel padre troppo impegnato a sbarcare il lunario in Italia. Succube dei vari Choudary, Bakri, Belkacem, non è mai riuscito a sviluppare una propria personalità. Cosa che invece potrebbe essere riuscito a fare in Siria o in Iraq. Allo stesso tempo, pur essendo un ragazzo più intelligente rispetto alle normali reclute di Daesh, ha degli alti e bassi a livello mentale. Questo potrebbe essere il motivo della designazione americana. Chi dall'Italia si è preso la responsabilità di chiedere al dipartimento di stato di inserirlo tra i ricercati, dando risalto all'evento, voleva provocare una reazione per localizzarlo o cercare di individuarne le mosse future. Farlo uscire allo scoperto. Così facendo lo ha anche motivato in misura maggiore.
Vedremo quando e come si tornerà a parlare di lui.

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