martedì 18 ottobre 2016

Deradicalizziamoci tutti

 Arriva quindi a percepire quello che è un contributo anche generoso come una specie di guinzaglio, che può neutralizzare degli istinti primari, però non mette in condizione di avere le stesse chances e le stesse possibilità degli altri. Su questo a mio avviso bisogna riflettere e fare attenzione, perché la necessità dell'integrazione e non solo dell'accoglienza, ma anche di garantire a chi rimane delle possibilità, è fondamentale anche per la prevenzione. 
Lamberto Giannini 

Audizione Morcone, Giannini, Galzerano  
Video  Trascrizione
 
Spendere venti milioni di euro per mettere in contatto insegnanti e studenti italiani con quelli di altre nazioni, quando basterebbe semplicemente parlarsi e capirsi tra di loro in classe. Basterebbe ascoltare con attenzione l’intervista fatta ad Anas el Abboubi nel 2011 e anche guardarla, visto che Anas ha un modo di esprimersi tutto suo, per poi confrontarla con la trascrizione delle telefonate fatte alla famiglia tra il 2013 e il 2014. E con la staticità delle pose assunte una volta arrivato in Siria.
Lo stesso ragazzo fiero del padre che era partito dal Marocco e aveva fatto tanti sacrifici per crescerlo, due anni dopo lo sbeffeggiava perché gli italiani lo trattano come un cane. Non è cambiato nulla nella sostanza che Anas descriveva. E nemmeno gli si può dare torto.
Gli immigrati da noi vengono trattati come merce. Non gli vengono concesse opportunità o possibilità. Giusto l’obolo della cittadinanza da parte della presidenza del consiglio alla ragazzina picchiata. In Anas è sparita la speranza. Se nel 2011 si dichiarava determinato a diventare imprenditore per cercare di riscattare gli immigrati, così come aveva fatto il padre sin da quando si era messo in viaggio, e quindi vedeva uno spiraglio di cambiamento in questo Paese, nel giro di un anno la sua percezione era cambiata ed era ormai diventato facile preda dei messaggi di Daesh.


Il jihadismo è un elemento pericoloso su cui il Parlamento ha già legiferato abbondantemente. Invece, il radicalismo, che è l'anticamera del jihadismo potenziale – non tutti i radicali sono jihadisti, ma tutti i jihadisti sono stati radicali –, è ben altra cosa.   Vi faccio qualche esempio. È radicalismo islamico, come fanno spesso le convertite europee, mettersi il burqa che, peraltro, non è assolutamente un elemento di cultura islamica. È radicalismo islamico anche un antisemitismo molto diffuso in Francia come in Italia. Il radicalismo è un atteggiamento culturale su cui le istituzioni e il Parlamento in Italia non sanno nulla. Carlo Panella

Devo ammettere che mi ha spiazzato questa barba quasi abramitica del dottor Galzerano.
Dagli anni con il prefetto Di Stefano fino ad oggi, gli unici cambiamenti esteriori chiaramente riscontrabili nella sua figura sono stati i basettoni che accorcia e allunga di tanto in tanto e la fede nuziale apparsa qualche tempo fa. Per il resto, nel corso della sua audizione esibiva come sempre un tipo di postura che gli è proprio. Stesso modo di argomentare, stessa mimica e soprattutto stessa logica e lucidità. Nei suoi occhi non c'erano i consueti lampi di umorismo di cui parlava la signora Gruber e che ne accendono spesso all'improvviso lo sguardo. Quelli che inducono a pensare che alla fine non sempre ciò che esprime, corrisponde realmente a quello che gli passa per la testa, ma in fin dei conti almeno in apparenza questo è il Galzerano che conosciamo e apprezziamo.

Quando tornai dall'Oman, non avendo mai frequentato musulmani tantomeno moschee in Italia, chiesi ad un convertito italiano in rete, uno di quelli considerati personaggio pubblico, com'era la situazione e il quadro che mi fece era desolante. Mi disse "per darti un'idea, pensa che nella consulta e nelle commissioni del ministero non mancano mai un paio di personaggi, sempre gli stessi, che definire islamofobi è poco". Bastò un giro di google per scovarne le identità.
Il burqa per le donne musulmane, e molte lo indossano liberamente per tradizione o perchè seguono determinati dettami giurisprudenziali, è come la barba del dottor Galzerano. In assenza di riscontri sospetti concomitanti, non va criminalizzato. Piuttosto è da comprendere. Ma oramai quelle che vengono aggredite ogni volta che escono di casa, nemmeno denunciano più alla polizia, perchè sanno che non troverebbero sponde amiche.
Se per deradicalizzazione e integrazione, si intende cambiare la religione, obbligando i fedeli a delle rinunce e forzandoli ad ascoltare musica, o addirittura come suggeriva Orsini, a credere che ci sia una parte della vita del profeta che va riscritta, allora questo non solo è contro i principi della nostra religione, ma contro la democrazia.
Ci sono valori e principi fondanti della nostra repubblica, diceva tempo addietro il prefetto Gabrielli, che non possono essere strumentalizzati nè discussi. A me pare che tutte le iniziative anti-, messe in campo dalla politica, vadano proprio in questa direzione. Tra poco avremo anche l'antiterrorismo dei tacchi a spillo, per parafrasare il colonnello De Caprio sull'antimafia.

La jihad è uno dei precetti della nostra religione. Nella sua accezione positiva, come ricordava l'avvocato Bauccio, va conservato e valorizzato. Ma nemmeno si può demonizzare l'aspetto militare.
Quando papa Francesco, che è un profondo conoscitore dell'Islam, fa appello affinchè diciamo che non bisogna uccidere in nome di Dio, sa benissimo che la risposta non può essere che negativa.
Ogni atto o parola espressa dai musulmani è in nome di Allah.
Quando i soldati degli Emirati Arabi bombardano Daesh, questa è la jihad comandata e regolata da un governante e dall'autorità religiosa di uno stato legittimamente riconosciuto. E' questa la contronarrazione da opporre ai terroristi. Sbianchettare qua e là, è disonesto e controproducente.
Bisogna dire forte e chiaro che la jihad individuale e senza regole teorizzata da al Awlaki è solo un crimine efferato. E anche dimostrare con un minimo di buona volontà, che l'Occidente sa mettere riparo ai propri errori e alle ingiustizie che hanno creato gli orrori delle varie guerre nel mondo.

L'ultimo aspetto sul quale mi permetto di richiamare la vostra attenzione è quello della raccolta del materiale on line che facilita la propaganda – mi riferisco soprattutto alla propaganda jihadista – di diverse forme di estremismi, per l'identificazione dei contenuti, la neutralizzazione dei contenuti e, se possibile, la rimozione, proprio per cercare di limitare la diffusione. In questo, un ruolo cruciale a livello internazionale e a livello dell'Unione europea è rivestito soprattutto da un forum che ha messo in contatto gli Stati con le società che gestiscono internet, che gestiscono i vari servizi di providing.In questo, le società che fanno da provider di servizi telematici si impegnano a rimuovere determinati contenuti estremistici on line. Bisogna, quindi, vedere il mondo di internet in una visione un po’ più complessa. Claudio Galzerano  
(fuori microfono) Non è un obbligo di legge. È un accordo tra gentiluomini. Emanuele Fiano
No, è un forum dell'Unione europea, animato dalla Commissione europea. Claudio Galzerano

Lo ha spaventato. Il carattere ruvido dell'uomo Ucigos colpisce sempre.
Fiano non ha replicato.

E' anche meno di un accordo e di gentiluomini ce ne sono pochi.
Galzerano lo sa benissimo ma a lui interessa il cuore della sostanza, cioè liberarsi dell'incombenza creata dal materiale in rete. Quindi gioca un pò a fare il cenerentolo.
A proposito di linee guida, come quelle fatte approvare da lui stesso quando era a capo del Terrorism Working Party nel corso del semestre europeo a guida italiana (draft guidelines), si tratta di indicazioni che non devono essere necessariamente recepite. E quando lo sono, ognuno si organizza come può. Nel caso del materiale diffuso su internet e anche dell'hate speech, i problemi riguardano l'esclusione di alcuni settori della società civile dalla discussione e l'occasione presa al volo dai giganti IT per rimuovere quello che fa più comodo censurare. Alcune organizzazioni per i diritti civili hanno tentato di fare chiarezza su questi meccanismi, specie in occasione dell'approvazione del data protection regulation, ma è stato negato l'accesso alla documentazione.
Sintetizzato in maniera sommaria e brutale, è come se l'unione dicesse "vedetevela voi purchè il marcio sparisca" e le aziende se ne approfittano.
C'è da stabilire comunque se, anche scambi tra realtà molto diverse, possano risultare proficui per tutti.

Mi riferisco all'istruzione e alla preparazione dei soggetti che facciamo, con appositi interventi e corsi, per le DIGOS sparse sul territorio affinché nelle questure possano diffondere e dare indicazioni sui segnali da cogliere per vedere delle radicalizzazioni e sulla necessità che derivino non solo dalle attività classiche di Polizia (indagini, intercettazioni e altro), ma dal contatto leale, costante e proficuo con le comunità islamiche. L'obiettivo è quello di dare l'immagine di uno Stato che non deve semplicemente far applicare la legge, ma presenta anche un volto e un'interfaccia tali da consentire un'acquisizione di fiducia da parte di questi soggetti. Lamberto Giannini

Come detto in precedenza, non conosco la realtà delle moschee.
Su Internet però,  l'idea è che il ministro si sveglia alla mattina, schiocca le dita, la polizia gli porta un'operazione su piatto d'argento e il ministro può twittare. Questa è la cosiddetta percezione del musulmano medio.
Non tanto perchè ritenga colpevole la polizia, ma perchè è tutto il sistema che non funziona.
Ora io non conosco il prefetto Iurato e non ho motivo di dubitare degli elogi del prefetto Morcone, ma non posso dimenticare quanto accaduto in passato. E non è questione di oblio. Prima di garantire ad un funzionario il proseguimento della carriera, bisogna rieducarlo. Specie prima di assumere un incarico così delicato. E poi c'è il ministro che ama affermare la propria identità con un selfie vicino al presepino del Viminale e gira per le televisioni con l'imam personale e la penna pronta nel taschino. Manda i musulmani a prendere le distanze in piazza assieme a Cicchitto e Casini, e il giorno appresso, quando la stampa di destra si accanisce sul numero, non dice niente. Non dice che il musulmano medio si sente ricattato e di certo non percepisce il ministro come amico. Quel suo desiderio di riaffermazione di identità è chiaramente un segno di ostilità, più che una mano tesa verso il dialogo.
E al poliziotto di Cosenza che si stupiva del fatto che Hamil Mehdi volesse pregare, bisognerebbe insegnare qualcosa di più dei segni della radicalizzazione.

Giannini e Galzerano nel contesto, come sempre hanno fatto la loro bella figura.
Ma è il minimo che ci si può aspettare da due giganti.
A volere esagerare, potrebbero fare un mea culpa per quell'obbrobrio chiamato espulsione.
Se una volta eravamo conosciuti grazie ai riscatti che foraggiano il terrorismo, adesso siamo diventati generatori. E pure la questione della trasparenza. Sempre per il discorso sulla percezione e  per non finire nei guai . Qui non si sa cosa si può dire, pensare o scrivere. Però la libertà di opinione in un ordinamento come il nostro deve essere garantita
Se sapessimo con precisione, cosa è possibile fare o meno, specie in rete, finirebbe anche quella diffidenza nei confronti della polizia e del ministro. Quella sensazione che c'è, di caccia al musulmano.
Leggere "apologia di terrorismo" per un tizio che guardava video di decapitazioni di Daesh, ma era ossessionato da Matteo Messina Denaro e camorristi, fa paura.

Al di là della confusione che alberga in questa proposta di legge, il focus pare essere sulle seconde generazioni principalmente e non sugli italiani. In questo senso il governo non sta facendo molto per aiutare ad emergere l'Islam italiano e per far si che gli italiani lo guidino.
Ci sono italiani convertiti e per nulla radicalizzati che su Facebook esaltano i post degli espulsi.
Fesserie del tutto simili a quelle che scrive Salvini.
Ragazze che fino all'altro giorno seguivano interpretazioni rigide ma ancora erano aperte al dialogo e ad un tratto indossano il burqa e sostengono che i musulmani che scappano dalle zone di guerra contravvengono ai principi islamici perchè l'hijira è l'unica migrazione ammessa.
Italiani nati e cresciuti. Un fenomeno preoccupante.
Non credo che i nostri politici riusciranno a risolvere questa ed altre questioni.

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