domenica 2 ottobre 2016

A caccia di spie in Siria

Osama Nammourah, meglio conosciuto come Abu Omar al Saraqeb ma anche Abu Hajer al Homsi e Abu Khaled Lebanon, è stato una delle punte di diamante dei comandanti di al Nusra prima, e Jabhat Fath al Sham dopo.
Nel lontano 2003 si unì alla guerriglia in Iraq ed entrò in breve tempo nel gruppo di fuoco di Abu Musab al Zarqawi.
 Tornato in Siria fu tra i padri fondatori di al Nusra, assumendone la direzione e l’organizzazione dai suoi quartieri generali a Qalamoun, nella parte occidentale di Damasco, per poi unirsi agli altri espandendone il raggio d’azione. Da lì cercò di organizzare un fronte in Libano ma con scarso successo. Si creò un agglomerato di micro cellule per lo più concentrate a Tripoli. Ad Abu Omar viene riconosciuto il merito di avere iniziato la stagione delle autobombe. Sua dovrebbe essere stata anche la regia di uno degli attentati compiuti nel 2013 nel quartiere Bir Hassan a Beirut, sotto il controllo degli Hezbollah, ai danni dell’ambasciata iraniana. I fari vennero puntati subito su Qalamoun dove il presidente Assad, con l’aiuto degli Hezbollah, stava conducendo una delle sue più dure campagne militari contro l’opposizione.
Da Damasco, al Saraqeb si trasferì a Idlib divenendone emiro. Uomo molto osteggiato, anche all’interno del fronte, a causa della gestione intransigente sia delle questioni militari che dei rapporti umani, al Saraqeb,come ha ricordato Abu Mohammed al Julani nel corso della recente intervista ad al Jazeera, ha costituito la pedina più importante nella battaglia di Aleppo. E’ riuscito a rompere l’assedio e a creare alcuni canali per il passaggio di cibo e medicine. E’ improbabile però, che fosse lui solo, l’obiettivo del raid che l’ha ucciso a Kafar Naha, zona occidentale di Aleppo.
Quel giorno, lo stesso tra l’altro nel quale due anni prima ad Idlib l’intera leadership di Ahrar al Sham era stata azzerata da una autobomba, Abu Omar era impegnato in una importante riunione operativa nella quale si registrava l’assenza del solo al Julani. L’attentato quindi è stato preparato con grande cura e si è certamente avvalso di informazioni provenienti da insiders di ottimo livello. Dopo l’annuncio di Abu al Saeed, portavoce olandese di Jabhat Fath, dell’arresto di un soggetto ritenuto colpevole della spiata, si è sparsa la voce che questi appartenesse a Liwa Mutassim. Si tratta di un gruppo che gravita nella galassia del Free Syrian Army ed è addestrato da turchi ed americani, i quali offrono anche la copertura aerea per le loro sortite.
Il dato interessante è che ad Agosto si era avuta notizia, confermata dalla leadership, di colloqui per un passaggio sotto l’ala protettrice russa, il che avvalorerebbe comunque l'ipotesi di un loro coinvolgimento. Gli Stati Uniti, che hanno smentito un loro intervento diretto o anche indiretto, ufficialmente non potevano trovarsi in quell’area perché non occupata da Daesh. Potrebbero comunque avere fornito supporto, anche se pare più probabile che se ne siano fatti carico russi e siriani. Ben consapevoli delle conseguenze i Liwa al Mutassem hanno emesso un comunicato di smentita negando ogni responsabilità.

Il problema della successione di Abu Omar Saraqeb ruota attorno a una questione molto importante. L’insoddisfazione, che si registra ancora in alcuni circoli di al Nusra, circa la separazione da al Qaeda e quindi la volontà di al Julani di cambiare registro per proporsi come braccio militare di un governo alternativo a quello di Assad, ma soprattutto il volere tenere fede alla sua battaglia di stampo siriano, che non ha nulla a che vedere con la guerra contro l’occidente portata avanti da al Zawahiri. Per realizzare i suoi piani, deve mantenere un giusto bilanciamento tra la componente siriana e quella straniera. La scelta dovrebbe cadere su Abu Muslim al Shami, che inizialmente era stato dato per morto nello stesso attentato, ma successivamente, da foto fatte circolare dal suo letto di convalescenza, parrebbe essere abbastanza vivo, se così si può dire.
L’apporto esterno rimane comunque garantito dalla guida spirituale di Sheikh al Uraydi, sapiente giordano che catalizza l’attenzione dei foreign fighters di quell’area. Mentre lo stesso Abu al Saeed sarebbe un abile reclutatore di olandesi.
Ad al Julani rimane l’arduo compito di spingere la compagine dei ribelli a farsi forza di stato.
La separazione da al Qaeda e la ferma convinzione che l’occidente non è il nemico e quindi chi combatte al fianco di Jabhat Fath non ha motivo di attaccarlo, sono un punto a nostro favore perché evita attentati su suolo occidentale.


Update

Altro pezzo grosso ucciso a Badya, Aleppo, con un esplosivo piantato nell'auto.
Abu Hammam al Askari.
A questo punto, più che di insider che passano informazioni, pare essersi aperta una vera e propria guerra interna.

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