domenica 11 settembre 2016

E finalmente ci fecero suonare

Come era prevedibile, i siriani stanno bombardando a ritmo incessante prima che il ceasefire divenga operativo. Il nord della Siria è ovviamente l’obiettivo principale.
Ma anche in seguito, con tutta probabilità, Assad e i suoi alleati saranno liberi di colpire quelli che loro ritengono essere nemici in virtù dell’accordo firmato. Accordo di cui non possediamo testo e mappature, ma che è di facile ricostruzione tenendo presente quanto affermato da Lavrov e Kerry in conferenza stampa.

Se per un verso gli americani devono garantire la stretta adesione al piano da parte dei gruppi di ribelli prescelti, dall’altro la Russia deve assicurare che l’esercito di Assad limiti la propria azione alle zone e agli obiettivi prestabiliti. Quindi tra una settimana i siriani potranno bombardare solo Daesh nelle aree fissate e i ribelli, nel giro di pochi giorni, devono rescindere ogni legame con Jabhat Fateh al Sham. Il cuore della questione è che l'accordo è tra russi e americani.
Ai ribelli si chiede di allontanarsi da un gruppo, ritenuto terrorista, che si è guadagnato negli anni la loro fiducia per affidabilità e lealtà. Gli uomini di al Joulani non sono un gruppetto di mercenari, ma gente con la quale si combatte tutti assieme con l'unico obiettivo di una Siria libera da un dittatore sanguinario. Aderire al patto con gli americani, piuttosto che a quello con Jabhat Fateh, non comporta particolari vantaggi per i ribelli cosiddetti moderati. Armi e tecnologia arrivano comunque in altro modo e in una eventuale fase post-Assad, ci si può mettere d'accordo meglio con la propria gente che con degli stranieri. E sul dopo comunque nulla è stato detto.
D'altro canto al dittatore siriano, non conviene granchè limitare il proprio perimetro di fuoco.
Le questioni che contano, e soprattutto le persone, possono sistemarle solo lui e il suo gruppetto di fedelissimi. E può comunque sottrarsi all'accordo, individuando falle nel comportamento dei ribelli.
C'è poi la questione dell'intel-sharing che non è la semplice condivisione di un elenco di nomi, ma il frutto del lavoro di anni che può portare a scoprire ambienti collegati e metodologie. Altro punto che vede gli americani in netto svantaggio.

In un siffatto scenario, è facile prevedere un fallimento dell'accordo. Ma allora non resta che puntare il dito contro Assad ed entrare ufficialmente in guerra. Cosa che nessuno vuole.
Soprattutto gli americani. Ad Obama basta sistemare Raqqa per coprire un mandato fatto di fallimenti. E allora che si fa ?
Magari potremmo giocarci (-ci della sicurezza partecipata) di nuovo la carta Manenti.



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