lunedì 22 agosto 2016

Siamo nella stessa lacrima

E chiudiamo la giornata De Caprio con un proverbio arabo .

Le dita non sono uguali, anche se in apparenza così sembra ed esse appartengono alla stessa mano. Gli arabi lo usano per consolare e mettere in guardia per il futuro, chi ha subito un torto fidandosi di una persona in virtù dell'appartenenza ad una tribù o ad una categoria. Oppure per muovere un rimprovero quando si generalizza troppo.

L'Ansa con profondo senso del marketing ha rimesso in giro una intervista nella quale il colonnello De Caprio usava un pò di quella retorica che lo caratterizza. I poveri, gli ultimi, l'ingiustizia.

أصابع يدك مهي سوى

Non credo che l'ingiustizia colpisca solo i poveri.
Nè che sia necessario indossare un guanto da vu cumprà per dimostrare di essere dalla loro parte.
Non credo nemmeno che sia sbagliato, per chi lavora nell'Arma, puntare anche alla carriera.
O che dobbiamo tutti sentire un  profondissimo senso di colpa per i disastri che affliggono il pianeta. Passati i quaranta, i sensi di colpa personali giungono in silenzio a piccoli passi .
Non c'è bisogno di farsi carico anche delle colpe degli altri o di attribuirsele per forza.
Siamo diversi. Questo non è sbagliato. Come non costituisce una colpa, avere sogni o aspirazioni.
Quando la diversità diventa un limite per il benessere degli altri, allora è certamente sbagliato.
Ma non c'è bisogno di atteggiarsi sempre ad eroi per dimostrare che si vuole essere di aiuto agli altri.
Sono i piccoli gesti che fanno la differenza. E le parole.

In sintesi, quello che volevo dire, è che è facile tenere anche una mandria di aquile.
Vieni a casa mia la domenica pomeriggio a raccogliere le cacche di Dark per l'indifferenziata.
Caro il mio eroe mascherato dall'accento toscano.














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