domenica 21 agosto 2016

Facce nuove al fronte

Sheikh Mostafa Mahamed è di origini egiziane ma è cresciuto in Australia.
Fino a qualche anno fa predicava in una moschea locale ed esortava i giovani ad andare a combattere in Siria.
E' stato di recente nominato a capo dell'ufficio relazioni esterne della formazione che ha preso il posto di al Nusra . In una intervista rilasciata a Sky news qualche giorno fa, ha delineato quelle che per l'intera compagine di ribelli, sono le basi per una eventuale collaborazione con gli americani.
Non a caso l'intervento è giunto nei giorni in cui la Russia si diceva sicura di aver raggiunto un accordo con gli Stati Uniti per portare avanti l'offensiva contro i terroristi.
Assad sta subendo in maniera massiccia gli attacchi della compagine guidata da Jabhat Fateh al Shams. Ha bisogno di una mano, ma la Russia a sua volta ha bisogno della legittimazione da parte americana.

Quello che Sheikh Mostafa ha messo sul tavolo, è una compagine unita e motivata e la separazione da al Qaeda. Anche lui come al Joulani non ha posto la questione in termini drastici.
E in maniera molto lineare ha in un certo modo avanzato le sue richieste.
Sottolineando il fatto che gli uomini in campo sono molto preparati e addestrati nell'uso delle armi, ha evidentemente inviato un messaggio circa il tipo di rapporto che i ribelli vogliono sul piano operativo. Armi e dispositivi, ma non addestratori che in qualche modo interferiscano o vogliano esercitare una sorta di controllo come accade con iracheni e curdi.
Ha altresì ribadito la loro intenzione di vivere in uno stato regolato da Sharia nel pieno rispetto delle regole islamiche che prevedono ospitalità e protezione per minoranze etniche e religiose e luoghi di culto. Che poi alla fine è quella versione che potremmo definire soft rispetto a Daesh perchè come al Qaeda, in situazioni di guerra, la jihad praticata è di tipo difensivo.  Discorsi questi, che possono tornare utili soprattutto in ottica post-Assad.

Mostafa Mahamed è la versione rivista e corretta di Anwar al Awlaki.
Giovane educato con tanto di laurea e doppio master e che sa parlare all'interlocutore occidentale.
Pare non volere lo scontro, ma ribadisce l'importanza di mantenere la propria identità.
Un modello di dialogo che potrebbe tornare utile anche su suolo occidentale, per tentare una via per integrare tutte quelle seconde generazioni che ancora credono nello scontro con la civiltà che li ospita. Un modo per disfarsi definitivamente del fantasma di al Awalaki o anche di Azzam al Amriki.


Tra le nuove leve del fronte anti-Assad spicca Sheikh Abdallah al Mohasiny.
Cittadino saudita, è stato da molti definito come il nuovo bin Laden, un pò per le posizioni hardline tenute comunque nel rispetto delle norme islamiche, ma soprattutto perchè proviene anche lui da una famiglia che coltiva interessi nel ramo delle costruzioni.
Se si dovesse andare verso una negoziazione seria, può tornare utile in quanto abile mediatore sul piano giuridico. E' riuscito a limare con successo le differenze tra i vari gruppi e quindi a cementare l'alleanza anti-Assad.

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