mercoledì 22 giugno 2016

Inneggiò ma non fermentò

Una chiamata in cui i due sembrano condannare gli attentati terroristici dello Stato Islamico. Solo apparentemente, però, per Pietroiusti, che sottolinea come Jalal invochi il perdono di Allah e il paradiso anche per un uomo che abbia commesso cento omicidi ma si sia poi pentito. il tirreno

Quando ero cattolica mi è stato insegnato a pregare per il perdono di tutti.
E a noi musulmani è vietato pregare per il perdono di persone morte non credendo nell'unicità di Dio e quindi non credenti in Allah. Status questo, che deve essere ampiamente dimostrato dai loro comportamenti e dalle loro parole.

Senza il supporto dei documenti di incriminazione è difficile comprendere questo caso molto più di tanti altri.
Si tratta di un ragazzo che a quanto è dato capire aveva molti contatti sotto la lente dell'antiterrorismo come il Jaffar espulso l'anno scorso ed era in mezzo a circuiti pericolosi come il filone balcanico. Però dal materiale presentato in conferenza stampa da DDA e Digos parrebbe non esserci nemmeno una vera e propria adesione al califfato. Lo dimostrano le foto rappresentate dai muri e dal confronto tra gli scontri di Milano e Baltimora. In quel periodo c'era un grande fermento e varie discussioni sul fatto che il califfato potesse effettivamente farsi espressione del riscatto delle popolazioni oppresse in medio-oriente.
Francamente non mi spiego perchè sia rimasto così tanto in carcere e perchè si vada alla ricerca di una condanna dura. Per ogni caso che seguo cerco di raccogliere il maggior numero di resoconti stampa possibile per farmi almeno una idea, ma per questa vicenda ho sempre ricontrato grosse incongruenze tra le immagini che sembrano terribili e i ragionamenti che faceva.
In linea con un certo tipo di dialettica che aleggiava in quel periodo sui social.
Mi auguro comunque che alla fine venga fatta giustizia.


Segnalo per chi è in zona, la conferenza che si terrà domani mattina alle 9.30 alla scuola allievi della polizia di stato di Piacenza, dal titolo "Il terrorismo islamico, un mondo in fermento".
Nemmeno alla scuola di polizia lo chiamano "di matrice islamica".
Se non si capisce l'importanza di un dettaglio simile, allora è inutile stare a pontificare di rimozione dei contenuti riconducibili a Daesh nel web.
Stesso impatto devastante.
Non si vuole negare il legame. Ma continuare a parlare di terrorismo islamico, in un Paese in cui la destra è in continua ascesa, equivale a legittimare l'equazione musulmano = terrorista.
Sarebbe come chiamare i poliziotti "quelli della uno bianca".
Tecnicamente ineccepibile perchè anche per loro c'è una matrice comune e storica che non si cancellerà mai. Ma è da un punto di vista etico, altamente scorretto pensare a tutta la polizia in quella maniera.
Tra i relatori c'è il mito.
Incubo di ciclisti e terroristi.
Claudio Galzerano della direzione centrale della polizia di prevenzione.
In attesa di scrivere un articolo dal titolo la convertita e questa volta in termini positivi, se ne va a spasso per lo stivale a terrorizzare anche gli allievi.
Andò la trova una fan come me ?

Nessun commento:

Posta un commento