mercoledì 9 marzo 2016

In fuga dal Paese delle torture

Un leader religioso e carismatico, «un uomo colto che conosceva bene il Corano» come ha detto il Questore di Campobasso Raffaele Pagano durante la conferenza stampa di questa mattina in cui sono stati riferiti alcuni particolari della complessa operazione di Polizia.

Sorvegliato, pedinato e intercettato per mesi dopo che alcuni compagni avevano denunciato la sua deriva terroristica

hanno deciso di intervenire perché, secondo quanto si è appurato nella ultima fase investigativa, il ragazzo stava preparando la sua fuga in Siria, dove, questo diceva agli altri ospiti del centro, aveva intenzione di andare a combattere. Si sta cercando di ricostruire suoi eventuali collegamenti con altre cellule di stampo terroristico in altre regioni italiane, in Europa e fuori dall’Europa primonumero

Di solito è il popolo dei social che pensa che noi musulmani siamo tutti incivili e ignoranti.
Bisogna intendersi sul significato di colto.
In tanti sono in grado di recitare il Corano applicando alla perfezione le regole del tajweed (articolazione e intonazione) sin dalla prima infanzia e conoscono sia l'esegesi che i riferimenti ai detti del profeta. Però sono cresciuti in condizioni disagiate quindi il loro bagaglio culturale è limitato. Motivo per cui solitamente abbracciano una visione religiosa che rigetta le interpretazioni.

Pare di capire che anche per questo caso ci si è basati su un approccio che esclude l'operazione esca, tanto più che le segnalazioni dal centro di accoglienza lasciano intuire come gli investigatori abbiano potuto beneficiare dell'apporto di informatori.
Si parla di riscontro tecnico preciso però al momento l'accusa non va oltre il reato di istigazione.
Con un contatto mirato si sarebbero risolti tutti i dubbi che di solito le operazioni antiterrorismo post-decreto generano e si sarebbe potuta cristallizzare un'accusa definitiva anche in poco tempo.
Attendiamo comunque di sapere se l'Ucigos con i dati acquisiti ha imboccato qualche filone di indagine interessante e produttivo.

Nel frattempo in Inghilterra è stata negata l'estradizione ai tre presunti sodali del Mullah Krekar.
La decisione è stata presa sulla base del fatto che nelle prigioni italiane questi potrebbero essere picchiati, torturati ed uccisi.
Si chiedeva il giornalista dell'Express se un esito simile fosse proprio necessario visto che l'Italia non è la Libia nè l'Arabia Saudita e che l'Inghilterra essendo a rischio attentati potrebbe fare a meno anche di mantenere a spese proprie personaggi di questo calibro.
Osservazione giusta da un punto di vista quantitavo. Casi come quello di Cucchi non dovrebbero essere all'ordine del giorno. Però è ormai da circa un anno che è possibile chiedere il rimborso per i giorni passati in carcere in condizioni non ottimali. E rimaniamo sempre il Paese dove un qualsiasi cittadino a spasso può essere "prelevato" e spedito in Libia non certo per vacanza.
Pur avendo imposto condizioni cautelari come il ritiro del passaporto e l'obbligo di firma, il giudice inglese così come quelli norvegesi evidentemente ritiene l'accusa poco proporzionata.
Eppure Julian Knowles, ottimo avvocato rappresentante dell'Italia, ha illustrato alla perfezione il quadro che scaturisce dall'ordinanza di oltre mille pagine.
I dubbi sorgono evidentemente a proposito della reale pericolosità del gruppo.
La fase terminale dell'investigazione ha contribuito a togliere le castagne dal fuoco ai nostri alleati curdi che di certo non hanno bisogno di un califfato guidato dagli uomini di Krekar.
Di per se sarebbe già un buon risultato. Quello che interessa al nostro governo.

Questa situazione tutta italiana fatta di leggi poco garantiste e ancor meno selettive alla fine ha un effetto boomerang quando ci si confronta in campo internazionale. Così come con le leggi antimafia, non possiamo pretendere che altri Paesi adottino le linee ispiratrici del decreto per il loro sistema.
D'altra parte possono venire a crearsi precedenti pericolosi.
Paradossalmente un rifugiato inglese potrebbe venire da noi a commettere un crimine per poi tornare in Inghilterra contando sul fatto che non verrà estradato. Una via che i giovincelli di Daesh potrebbero esplorare.
Per risolvere il problema basterebbe migliorare le norme e mettere mano in concreto a tutti gli appunti che ci vengono fatti non solo dalla corte europea ma anche da organismi internazionali.
L'Italia si ferma sempre alle soluzioni di comodo e alla fine ne paga le conseguenze.

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