lunedì 7 marzo 2016

Darling you gotta let me know... should I go ?

“At the moment we are far from having a unity government [in Libya]. So at the moment there aren’t the conditions to intervene,” Romano Prodi, the former centre-left prime minister and former president of the European Commission, said in a television interview last week. The officials insist that any Italian military operation would be focused on training local military and police officers and protecting critical infrastructure rather than directly fighting Isis. “We won’t go there shooting and trying to conquer territory,” said one senior Italian official. FT


Al Coi, comando operativo di vertice interforze guidato dal generale Marco Bertolini, si susseguono le ipotesi di pianificazione operativa. Le pressioni Usa sul governo italiano sono quotidiane. L’ambasciatore a Roma John Phillips dice che l’Italia «potrà fornire fino a circa 5mila militari». Numeri, tuttavia, per ora irrealistici. Per motivi tecnici, giuridici e politici. Vanno distinte, intanto, le due ipotesi operative. Quella del ricorso alle forze speciali dipende da tre condizioni: la formazione del governo unitario, le richieste a Roma - già formulate in linea generale - l’ok internazionale. Marco Ludovico 5Marzo2016

Il vero problema in Libia non è tanto l'avanzata di Daesh, piuttosto sovrastimata e strumentalizzata dalle varie fazioni per combattersi tra di loro o richiedere aiuto agli occidentali, quanto la situazione economica.
Attualmente la produzione petrolifera è ben lontana dal mezzo milione di barili quotidiani e i due governi si litigano anche gli assetti ad essa legata. Stesso discorso vale per le istituzioni finanziarie.
Questo è il motivo per il quale dalla Libia non vogliono il nostro intervento ma invio di armi, medicinali e beni di consumo. Nel momento in cui non saranno in grado più di provvedere ai fabbisogni materiali dei miliziani e delle loro famiglie allora Daesh avrà il sopravvento perchè la povertà, più che il settarismo, è il tallone d'Achille del Paese.

Difficile credere che le pressioni giornaliere fatte dagli americani tendano a richieste di interventi massicci. Ciò di cui si sta discutendo a Washington da molte settimane è su come realizzare in concreto la pacificazione tra le fazioni. Snodo fondamentale è il blocco del supporto militare da parte dei governi del Golfo principalmente, ma anche di quelli occidentali.
Siamo sicuri che l'inesauribile serbatoio della Jadran Express non abbia fatto una delle sue solite apparizioni in Libia ?
Dal punto di vista logistico e militare quello che va fatto sul terreno è spingere i combattenti ad accettare la legittimità del governo di unità nazionale. Quindi coordinare le forze in campo.
Non serve nemmeno addestrarli, anche se lo si sta facendo comunque attualmente, visto che sono nati e cresciuti in atmosfera da conflitto perpetuo.

L'articolo 7bis che il senatore La Torre, storicamente vicino ai servizi segreti o a parte di essi, ha sapientemente imposto all'indomani dell'attentato al Bataclan, è forse quello di cui attualmente si ha meno bisogno. E' urgente impegnarsi in un forte lavoro diplomatico tra fazioni politiche e milizie.
A me pare che anche la famigerata missione a guida Aise sia fuori luogo al momento.
In prospettiva futura preoccupa comunque il potere attribuito al presidente del consiglio e l'effettivo controllo del Copasir sulle operazioni.
Forse il dubbio che venga a ricrearsi un servizio segreto militare (ma è del tutto scomparso in fondo ?) o che si formino squadroni paralleli, è l'ultimo dei problemi.

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