Molti ieri sera si sono chiesti o meglio condannavano la decisione presa dalla municipalità di Dubai di proseguire il programma dei festeggiamenti per l’arrivo del nuovo anno nonostante l’incendio scoppiato in uno dei grattacieli vicino al Burji Khalifa.
In generale le manifestazioni pubbliche di cordoglio non fanno parte dell’indole araba nè della tradizione islamica. Attitudine forse dura e difficile da comprendere ma almeno essenziale e concreta.
Se da un lato i governi occidentali hanno bisogno di mettere in campo strategie tese a raccogliere consensi e supporto nei momenti di tragedia, i governanti arabi devono invece ribadire che il loro modo di intendere e vivere la vita non cambierà a causa di un pericolo momentaneo che non ha il potere di scalfire il sistema sul quale poggia.
Dubai è costruita sul ritmo e sulla laboriosità. E’ questo il sentiero tracciato da Sheikh Muhammad. Se ci fossero stati morti nell’immediato (l’anziano colpito da infarto è poi deceduto mentre lo si soccorreva) ovviamente le celebrazioni sarebbero state cancellate. Ma non era il caso. C’era bisogno di dare un segnale al mondo e agli altri emirati. E soprattutto bisognava evitare speculazioni su possibili attentati terroristici. La polizia ha iniziato immediatamente a lavorare sul primo fotogramma utile a rilevare lo scoppio dell’incendio e alle persone tratte in salvo è stata data assistenza adeguata. Che è quello che bisognava fare.
La trovata della polizia tedesca di lanciare un allarme a quanto pare ingiustificato è la conferma che l'antiterrorismo non si improvvisa e di certo non è lo smanettone di Anonymous nè un tecnico informatico che possono individuare e sventare un attacco.
Probabilmente una soffiata dell'ultimo minuto o il solito allarme generico lanciato dall'America ormai divenuto l'ombrello riparatore dei servizi segreti europei, hanno fatto si che nel dubbio o nell'incertezza derivante dall'incrocio dei dati si sia pensato che la soluzione migliore fosse quella lanciare un allarme pubblico.
Ne sapremo di più dopo la cattura degli iracheni in fuga.
Foto Lieut. Gen. Dhahi Khalfan Tamim Twitter


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