lunedì 4 gennaio 2016

Il ritorno dello sbirro osmotico

Il gruppo ha quindi prodotto la direttiva generale per i servizi di sicurezza del Giubileo straordinario, fornendo le linee¬guida in conformità delle quali le Autorità di pubblica sicurezza hanno adottato il proprio piano organizzativo di prevenzione e vigilanza. Per la determinazione e la definizione del rischio terrorismo, si sottolinea il ruolo centrale del Comitato di analisi strategica antiterrorismo (Casa), organismo interforze che costituisce la stanza di compensazione delle evidenze informative provenienti tanto dal modo dell’intelligence quando da quello della law enforcement. Nel quadro di un metodo di lavoro che valorizzi i principi di sinergia e collegialità, il nostro sistema di prevenzione individua nel Casa il luogo istituzionale di alto coordinamento in cui le articolazioni antiterrorismo delle forze di polizia e degli organismi di intelligence lavorano fianco a fianco con metodica frequenza, attivando uno scambio osmotico il cui risultato finale è quello di rafforzare il patrimonio informativo di ciascuna componente. Si tratta di una metodologia di lavoro che può essere considerata una vera e propria best practice italiana, la cui esportazione a livello europeo, già proposta dal nostro Paese, costituirebbe un valore aggiunto nell’impegno dei singoli Paesi a contrastare una minaccia globale e altamente diffusiva come quella jihadista.
Claudio Galzerano per Formiche

I riferimenti continui all’osmosi nei suoi interventi pubblici per tutto quanto concerne le dinamiche di gestione dei comparti che concorrono alla lotta al terrorismo porgono l’immagine di un Galzerano più scienziato che sbirro.
Si tratta di una osmosi a tratti precaria che vede disparità di opinione tra gli analisti e ciò è tanto più evidente quando, come accaduto di recente, vengono lanciati in maniera rocambolesca sulla stampa per poi essere subito smentiti, allarmi di provenienza dubbia. Ma finchè si riesce a mantenere il rischio su un livello molto basso come accade di solito in Italia, vuol dire che il sistema nel complesso funziona.
Il direttore della seconda divisione, impeccabile come sempre, torna a farsi sentire con uno dei suoi piccoli capolavori finalizzati ad aprire al grande pubblico uno spiraglio sul lavoro di uno dei reparti più importanti per la difesa del Paese in momenti di emergenza e non . Claudio Galzerano è uno dei pochi in Italia e anche in Europa con un bagaglio di conoscenze e competenze sul campo che lo pongono all’avanguardia tra i massimi esperti dell’evoluzione del fenomeno terroristico di matrice fondamentalista a livello globale e nazionale ma anche dei fenomeni sociali e criminali ad esso connessi.
Se le politiche governative e ministeriali prevedessero una strategia tesa ad informare e rendere cosciente la popolazione della reale entità dei rischi in base a quella che è la situazione italiana al di là dei dati resi noti circa il numero di foreign fighters o espulsioni eseguite mensilmente, l’apporto dato da un investigatore del calibro di Galzerano risulterebbe di fondamentale importanza. Apporto che comunque esiste ma è limitato ad interventi destinati ad un pubblico di elite all’interno di convegni organizzati dai think tank finanziati dal governo.
Incontri allargati a contesti più popolari e destinati ad un audience varia e non solo musulmana, favorirebbero lo sviluppo del dialogo e dell’integrazione. E soprattutto servirebbero ad avviare in maniera concreta il processo per realizzare l'accordo tra lo stato e le comunità islamiche tuttora profondamente divise su questioni basilari.
Invece la strategia prevalente, che permette tra l’altro anche di contrastare i rigurgiti politici delle opposizioni di destra, continua ad essere quella di tranquillizzare la popolazione attraverso l’esposizione delle strutture organizzative e di coordinamento per il contrasto del terrorismo.
Nel Paese che di recente ha presieduto una sessione del forum sul countering violent extremism mancano ancora iniziative di sensibilizzazione e deradicalizzazione. Attualmente si può contare su un paio di strutture di recupero registrate presso l’unione europea ma non specializzate per il terrorismo di matrice fondamentalista e sull’opera prestata dalle comunità islamiche e anche dalle parrocchie sparse sul territorio.

Di Galzerano segnalo di nuovo alcuni interventi del passato che ben si prestano a comprendere le vicende attuali.
Polizia moderna (Le convertite  Foreign fighters)
Formiche (Gli jihadisti italiani)

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