giovedì 5 novembre 2015

Sognando Muammar

Stamane il giornale di Chiocci raccontava quella che sarebbe la vera storia della liberazione del dottor Scaravilli (foto Mediel.net) avvenuta la scorsa estate in Libia. Purgatori già aveva accennato ad un braccio di ferro con il governo di Tripoli che voleva ottenere dall’Italia un riconoscimento formale sul piano politico. A questa versione andrebbe aggiunto il pagamento di un ulteriore riscatto oltre a quello versato alla banda di rapitori.
Che la Libia sia nel caos e noi non riusciamo ad essere incisivi sulla transizione è ormai cosa nota.
Più che di doppio riscatto dovremmo forse parlare di commessa aggiuntiva o allargamento della piattaforma dei mediatori. Cosa abbastanza normale in uno scenario del genere.
Nulla che possa far cadere il governo .

Quello di cui invece non si è più parlato, e mai lo fecero pubblicamente Gentiloni né i servizi ma ne diedero notizia i giornali della costa adriatica di cui è originario, è il rapimento di un nostro connazionale che visti i precedenti possiamo ipotizzare si trovasse in Libia per lavoro.
Si tratta di un anziano signore che da decenni si occupa di mediazioni commerciali in territori di guerra o governati da regimi poco democratici e ha molta familiarità con l’Africa.
Non ne faccio il nome semplicemente per sottrarlo all’indicizzazione di Google e ad ulteriori pericoli ma chi ha buona memoria saprà individuarlo agevolmente.
Nel lontano 1980 mise in contatto alcuni rappresentanti del governo libico con dei faccendieri italiani vicini alla ndrangheta. Muammar aveva l’abitudine di liberarsi dei nemici anche quando questi erano in esilio e per fare ciò si serviva di sicari locali. All’incontro a Tripoli ne seguì uno a Roma ma l’affare non venne concluso e comunque gli italiani non avevano intenzione di portare a termine gli omicidi . Pensavano di prendere l’anticipo e scappare come erano soliti fare in molti.
Il compenso della persona che li portò lì sarebbe stata una lauta somma in denaro e la gestione della vendita di alcune concessioni petrolifere.
Costui avrebbe anche fatto da intermediario tra Giancarlo Marocchino e Luca Rajola Pescarini del Sismi che però nel corso dell’inchiesta sulla morte di Ilaria Alpi negò di conoscerlo. Sempre a proposito della Somalia da un filone dell’inchiesta cheque to cheque saltò fuori che questo signore organizzava rifornimenti di armi e addestramento di uomini in partenza verso Paesi in guerra.
Dalle indagini spuntarono fuori anche i nomi del colonnello Ferraro e del maresciallo Li Causi.
Secondo un maresciallo dei carabinieri che indagava su quel filone il mediatore era un collaboratore del Sisde o per lo meno persona ben conosciuta anche da agenzie di intelligence straniere.

Di personaggi di questo tipo soprattutto in un periodo confuso come è quello attuale in Libia ce ne sono a bizzeffe. Poiché il suo nome è anche comparso in svariate inchieste a oggi i nostri servizi dovrebbero conoscerlo bene. Sconosciuta è la dinamica del suo rapimento e strani sono stati gli sviluppi. Dopo essere stato catturato in primavera avrebbe chiamato a casa per chiedere di inviargli qualche centinaio di migliaia di euro da corrispondere alla tribù che lo trattiene. In giugno i giornali parlarono di liberazione imminente ma le ultime notizie risalenti al settembre scorso riferivano di richieste di medicine e di inquirenti che brancolavano nel buio a causa della complicata situazione libica.
Rapimento vero, regolamento di conti, qualche mediazione andata a male ? Con chi stanno trattando i nostri funzionari e per cosa l'Italia pagherebbe soldi ?
Sembra di essere tornati al lontano 1995 quando nel corso di un processo i faccendieri italiani assoldati da Jalloud raccontarono di come quest'uomo che vantava conoscenze e collaborazioni tra i servizi segreti di mezzo mondo li avesse trascinati in una avventura da sogno a metà tra spionaggio e malavita.















Foto Mediedel.net

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