venerdì 23 ottobre 2015

Ripetuta insistenza

sotto provvedimento disciplinare dopo una ripetuta insistenza da parte del dirigente generale dell'ispettorato di pubblica sicurezza presso la Presidenza del Consiglio dei ministri perché, a nostra conoscenza, avrebbe incarichi all'interno de «L'Esercito di Silvio», movimento politico di Forza Italia. Questo provvedimento disciplinare sarebbe stato peraltro assunto rispetto ad un post cancellato – così almeno riporta il provvedimento – sul profilo facebook personale di Giovanni Iacoi, che invece risulta ai sottoscritti non essere stato cancellato, ma soprattutto risulta essere semplicemente nell'ambito del ruolo politico ricoperto da Giovanni Iacoi, quale coordinatore del Lazio de «L'Esercito di Silvio».

Dalla nota, si evinceva che l'assistente di polizia si era reso protagonista di gravi esternazioni sul proprio profilo facebookcontro l'ordine giudiziario e contro il Presidente della Repubblica. Sulla base di tali circostanze, il predetto ispettorato, senza manifestare alcuna valutazione, né tantomeno esercitare alcuna pressione, ha trasmesso per i profili di competenza tutto il carteggio al questore di Roma competente all'avvio dell'azione disciplinare.


Grazie, Presidente. Risulta alla sottoscritta, anzi ai sottoscrittori dell'interrogazione, che il questore di Roma in una prima analisi aveva assolutamente non ravvisato i termini per un provvedimento disciplinare. Solo a seguito dell'insistenza del dirigente, di cui appunto parliamo nella interrogazione, ha chiesto un approfondimento. camera dei deputati 23 settembre 2015

Se non è stato fatto uno screenshot si può comunque recuperare il post originale.
Porre la questione in termini di "insistenza" è espressione di ignoranza se non di malafede.
Si tratta della normale dialettica che c'è tra funzionari di polizia quando bisogna prendere delle decisioni legate a sfumature normative.
E' la stessa situazione in cui si trovò il dottor Pisani in occasione del rilascio della licenza per i fuochi d'artificio da concedere al ristoratore amico di un suo sottoposto. Ristoratore che poi finì accusato nello stesso processo accanto a Pisani. E anche in questo caso la convinzione che il capo della mobile aveva ed illustrò ai colleghi, che la licenza potesse essere concessa per più eventi nell'arco dello stesso periodo di tempo piuttosto che essere rinnovata volta volta, era segno secondo la pubblica accusa di "insistenza" sospetta. La vicenda secondo il pubblico ministero dimostrava che tra Pisani e Potenza c'era un rapporto di conoscenza profonda che sarebbe poi sfociato in complicità criminale.
Teoria smentita dal contesto e da tutto quanto abbiamo in seguito ascoltato in aula.
Con tutto il rispetto per i poliziotti a prescindere dal grado e dall'esperienza, quando esaminiamo certe vicende dobbiamo tenere in considerazione il fatto che stiamo parlando di funzionari di alto profilo che non si mettono a battibeccare come galline in un pollaio. Gente che ha profonda conoscenza della legge e senso della giustizia. Le rivalità sono inevitabili ma un Questore e un dirigente generale quali sono nello specifico i protagonisti di questa vicenda, non sacrificano la legalità sull'altare del proprio ego.
Poi proprio a volerla gettare sul pecoreccio D'Angelo è un tipo poco malleabile a voler usare un eufemismo. Non oserei "insistere" con lui nemmeno se fossi il presidente della Repubblica. Non è uno che le manda a dire.
E comunque non avendo altri elementi a disposizione io mi fido della versione fornita dal ministro dell'interno.

Il problema di fondo, e lo testimoniano i tanti poliziotti che si sono ribellati all'esibizione di Salvini con la felpa della polizia, è che la strumentalizzazione che la politica fa delle forze di sicurezza che a loro volta non si sottraggono al gioco, è pericolosa e ingannevole.
Siamo al limite dell'eversione.

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