lunedì 21 settembre 2015

La paghetta degli informatori al tempo di Daesh

A source, not from Whitehall but with knowledge of the payments, said: “It’s been driven by the [intelligence] agencies, it’s a network of human resources across the country engaged to effectively spy on specific targets. It’s decent money.”

Salman Farsi, spokesman for the East London Mosque, the largest in the UK, said: “We want our national security protected but, as with everything, there needs to be due scrutiny and we need to ensure things are done properly.
“If there’s money on the table, where’s the scrutiny or the oversight to ensure whether someone has not just come up with some fabricated information? Money can corrupt.”
“There’s good work to be done, but quite frankly you don’t need to send in informants to mosques to find out what’s going on. We need a fresh approach, genuine community engagement,”theguardian

Le paure di Farsi sono più che giustificate però bisogna ricordare che le notizie provenienti dagli informatori costituiscono per lo più una traccia e non una prova da presentare in fase dibattimentale.
Vanno verificate ed incrociate con altri dati per poi lasciar posto a quello che sarà il filone di indagine vero e proprio sul quale lavorerà un gruppo di inquirenti esperti in materia.
Se si pensa alle brutte storie del passato circa minacce ed intimidazioni subite da membri delle comunità islamiche in Inghilterra ed in America ad opera di agenti dell'Fbi e dell'MI5 alla ricerca di informatori, un rapporto quasi regolarizzato che prevede uno stipendio ed un periodo fisso di collaborazione è di certo una strada da tentare.
L'interazione continua tra polizia ed intelligence da un lato e comunità islamiche dall'altro, è sicuramente importante anche in prospettiva informativa, ma pare di intuire che il tipo di informatore di cui parliamo in questo caso sarà cercato in ambienti più ristretti e mirati in modo da ottenere notizie relative a criticità del momento.
La chiave di lettura del problema per tutto quello che riguarda gli informatori è appunto il fatto che manca una normativa che regoli il rapporto con l'interlocutore istituzionale ed è molto difficile metterla a punto.
La regolamentazione dei compensi così come ha fatto di recente il governo russo dando agli informatori abituali lo status di lavoratore che percepisce uno stipendio, versa contributi e ha la pensione garantita è anch'essa una soluzione valida per far si che si realizzi un rapporto di fiducia stabile e proficuo .

Dall'intervista alla dottoressa Villa si è compreso come la polizia in Lombardia, e quindi anche nel resto d'Italia, disponga ormai di una rete consolidata di informatori all'interno delle moschee e dei centri culturali.
Rete la cui genesi potremmo far risalire almeno all'inizio degli anni novanta.
Lo si evince dalle informative di Sisde e Sismi presenti all'interno della documentazione declassificata di recente dal governo sul caso Alpi-Hrovatin.
Vengono minuziosamente annotate le atmosfere all'interno dei classici luoghi di ritrovo ed aggregazione dei musulmani, le piccole e grandi diatribe tra i personaggi di spicco italiani e stranieri, i rapporti soprattutto economici con i referenti islamici in area golfo. Tutti dettagli che di certo devono essere stati acquisiti da insiders.
La componente straniera massiccia in quegli anni e la conversione dell'Ambasciatore Scialoia hanno evidentemente costituito un impulso a favore dell'attività informativa.

Per quel che riguarda i compensi dobbiamo per forza di cose rifarci ad elementi acquisiti dalla cronaca.
Il prefetto Cirillo testimoniando al processo Pisani a Napoli raccontò delle sue esperienze in Campania e Sicilia riferendo di semplici facilitazioni di pratiche amministrative in cambio di informazioni.
Questo è il do ut des preferito anche nel caso di stranieri tant'è che il sottosegretario Minniti e il direttore Massolo cercarono di introdurre nel basket delle richieste sul decreto anti-terrorismo quella del permesso di soggiorno per gli informatori. Molto probabilmente i servizi concedono già come contropartita una facilitazione per ottenere il visto o la cittadinanza ma volevano rendere questa pratica legale per regolarizzarla e farne un incentivo.
Alla fine però il compenso economico è quello più ambito.
Ricordiamo che le due informative in seguito alle quali fu sventato l'attentato al comune di Reggio Calabria costarono allo stato circa trecentomila euro. Informatori ed informazioni importanti vanno pagati a peso d'oro.
E qui entrano in gioco la bravura dell'agente nel non farsi estorcere soldi ma soprattutto l'onestà.
Siamo venuti di recente a conoscenza di una vicenda al vaglio dell'autorità giudiziaria che ha come protagonista un funzionario dei servizi in area nord-est che avrebbe fatto la cresta sulla somma erogata da Roma gonfiando eccessivamente la rilevanza delle notizie fornite dalla fonte.
Un altro motivo per porre un sigillo istituzionale ai rapporti con gli informatori.

Nell'era di internet forse questi discorsi almeno in Italia assumono importanza relativa.
L'acquisizione di informazioni è legata principalmente agli ambienti virtuali .
Oltre all'utilizzo di task force varie sarebbe opportuno lavorare maggiormente sul rapporto pubblico fiduciario.
Si eviterebbero casi come quello di Meriem Rehaily il cui disagio era noto ad amici e conoscenti in tempi non sospetti ma a quanto pare nessuno diede l'allarme.

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