La leggenda narra che il generale Zaheerul Islam chiamato come da tradizione ad esprimere il proprio parere sul suo successore per il posto di direttore dei servizi segreti, indicò un solo nome rispetto ai tre previsti sul foglietto da consegnare al capo del governo pachistano.
Una sentenza inappellabile.
Il generale Rizwan Akhtar è stato chiamato a risanare una situazione ormai degenere su più fronti.
Uomo colto, preparato ed esperto, fu ritenuto la persona più adatta per ricostruire il rapporto di fiducia con l'America e stroncare il terrorismo.
Sul versante locale lo aspetta anche un grande lavoro di risanamento all'interno dell'isi e di dialogo con i politici locali e il governo per far comprendere che c'è bisogno di maggiore impegno da parte loro per riportare il Pakistan verso la normalità.
All'indomani dell'uccisione di Giovanni Lo Porto e Warren Weinstein può tornare utile rispolverare la dissertazione elaborata dal generale Akhtar per il master in studi strategici concluso allo US War College nel 2008.
Si tratta di uno studio incentrato sul difficile rapporto tra due alleati importanti come gli Stati Uniti e il Pakistan che spesso si traduce in gravi ripercussioni sulla guerra al terrorismo della quale gli incidenti causati dai droni sono una tragica manifestazione.
Nel Gennaio del 2007 un caccia americano in servizio presso il confine tra Afghanistan e Pakistan sganciò per errore due bombe su una postazione di controllo uccidendo un soldato pachistano e ferendone altri.
Fu istituita una commissione alla quale vennero presentate le risultanze di una inchiesta congiunta condotta dallo stesso Akhtar e dal generale Vogel per parte americana.
Le conclusioni erano differenti ma furono utili per redigere una serie di raccomandazioni.
Questo tipo di incidenti continua comunque a ripetersi.
Un grosso limite dell'attitudine americana secondo l'attuale dirigente dell'isi è quello di non prendere concretamente atto dei propri errori e di correggerli.
Spesso il comando americano vuole imporre la sua linea operativa su territori nei quali è attivo regolarmente ma che non conosce a fondo.
In Pakistan gli americani vorrebbero essere presenti con truppe di terra ed interagire con le realtà tribali rifacendosi al modello iracheno.
E' comprensibile che il governo neghi questa possibilità per evitare legami pericolosi ma di per se si tratterebbe di una manovra insidiosa che potrebbe danneggiare il già flebile rapporto esistente tra la popolazione locale e le istituzioni.
La cultura tribale e gli equilibri che ne scaturiscono hanno molte sfaccettature con le quali è difficile confrontarsi specie se si è stranieri.
L'esercito pachistano e la polizia in questo senso cercano di instaurare un dialogo che viene spesso inteso dagli americani come connivenza.
Il problema secondo il generale Akhtar è che l'approccio degli stati uniti è teso all'intervento immediato e ai risultati nel breve termine quindi non tiene conto delle sensibilità culturali e di quanto sia importante per ottenere esiti apprezzabili nel campo della lotta al terrorismo, vincere i cuori della gente che percepisce l'america come un nemico.
In vicende delicate come quelle dei cartoni satirici o del Corano bruciato, il governo americano non si schiera mai a difesa dei musulmani e questo rappresenta un limite che indebolisce la relazione tra il governo locale e la gente che non si spiega il legame quasi di sudditanza tra i propri rappresentanti e l'alleato occidentale.
Proprio a questo proposito Akhtar non risparmia dalle critiche nemmeno il proprio governo, colpevole secondo lui di poca trasparenza. Spiegare alla popolazione ad esempio che le forniture militari e gli aiuti umanitari non sono regalie che comportano un do ut des ma parte di accordi di collaborazione ben precisi, aiuterebbe a smorzare molte polemiche.
Quella stessa gente che vede nell'America un nemico, non riesce a trovare un alleato nemmeno nelle istituzioni del proprio Paese.
Questo rafforza il legame con i talebani e le frange estremiste.
Il resoconto del generale Akhtar è ovviamente di parte ma estremamente lucido e onesto.
Individua quello che è il difetto maggiore dell'approccio americano nel relazionarsi con i propri alleati ovvero il non tenere conto della storia e delle tradizioni che li caratterizzano e il volere imporre a tutti i costi i propri schemi.
Questa visione non può far altro che generare frizioni e diffidenza nei rapporti con la controparte.
In queste condizioni è difficile portare avanti un piano di lotta al terrorismo.
I droni assassini diventano così espressione di quel soliloquio di cui gli stati uniti si rendono protagonisti in Pakistan.

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