E iniziamo la settimana con una tragedia vecchia che fa sempre brodo buono.
Oggi me la prendo con gli uomini e le donne di Manenti.
Capitano avvisato.
E' un problema del giornalismo italiano più che altro.
Si trova comunque anche da noi qualcuno che fa il proprio lavoro in maniera onesta.
Però se accetti anche solo di prendere un caffè con Paolo Berizzi, uno capace di costruire un castello sul nulla, sai perfettamente che non stai parlando con Bonini o Purgatori che sono un pò l'ufficio stampa ombra dei servizi e che hanno fatto di tutto per riabilitare la tua immagine.
Quindi stai attento a quello che dici e come lo dici.
Quello che dà fastidio di quella intervista non è tanto la reiterata intenzione di tornare in Siria.
In fondo tutti i cooperanti rapiti negli ultimi anni sono tornati a fare il loro mestiere.
Ma il fatto che la ragazza abbia insistito sul linciaggio mediatico subito, sottovalutando invece le proprie colpe.
Non ha capito ancora che le buone intenzioni e la generosità d'animo non bastano a fare da scudo a quella scellerata partenza da avventuriere.
E lamentarsi per gli insulti ricevuti non è esattamente espressione di concretezza.
Se pensano di essere nel giusto dovrebbero andare a cercare tra i log dei social network e querelare tutti quelli che le hanno offese.
In generale a quelle ragazze come a tanti oggi, manca il senso dello stato.
Della retta via.
Se da un lato non mi stupisce che non glielo abbiano ancora insegnato i genitori che dalle interviste in questi mesi abbiamo compreso essere sulla stessa lunghezza d'onda, mi meraviglia che evidentemente nemmeno le istituzioni attraverso i loro rappresentanti si siano adoperati in tal senso.
Ed era loro dovere.
I funzionari del ministero e dei servizi di cui non conosceremo mai il nome per tributare loro quel minimo di ringraziamento che meritano, avrebbero dovuto spiegargli la gravità di quello che hanno fatto.
Hanno messo in pericolo altre vite e ci costringono a metterne in pericolo molte di più.
Il do ut des tra governi e servizi di tanti Paesi è il prezzo più alto da pagare per questo genere di vicende.
Se gli americani o anche gli israeliani hanno avuto un ruolo di peso nella liberazione delle due fanciulle, hanno tutto il diritto di chiederci una contropartita pesante in Afghanistan o in Somalia.
Io avrei pagato anche cento milioni di dollari per liberarle se solo potessi essere certa del fatto che hanno compreso quanto gravi siano stati i loro comportamenti.
E se l'Italia potesse contare su di loro come un assetto in quanto cittadine coscienti del loro ruolo all'interno della comunità.
Ho l'impressione però che non sia così.

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