mercoledì 4 marzo 2015

Sismi4ever . Fanciulli per sempre.

“una direzione ambigua che agiva machiavellicamente su due linee strategiche opposte e alla fine contrapposte, un gioco che costerà la vita a Nicola”
ilfattoquotidiano

E concludiamo questa parte di settimana dedicata al buon vecchio Sismi con una riflessione di natura polemica ma costruttiva.
Almeno spero.

La signora Calipari ricorda tanto il figlio del dottor Borsellino quando un paio di anni fa, dopo l'ennesima dichiarazione del pentito di turno che descriveva Arnaldo La Barbera in termini non del tutto edificanti per usare un eufemismo, disse che non capiva per quale motivo si giocasse ancora a Palermo il torneo di calcio organizzato dagli operatori di polizia e intitolato al poliziotto pugliese.
Dichiarazione alquanto bizzarra se consideriamo che a parlare era un altro poliziotto.
Ovvero uno che dovrebbe sapere quanto insidioso è il proprio mestiere.

Mentre negli altri Paesi si trae beneficio dalle tragedie per investigarle o evitare che si ripetano e per cambiare le norme in funzione non solo repressiva ma anche per permettere loro di fungere da motore sociale, da noi le si usa per puntare il dito e costruirsi una identità.
Troppo comodo e soprattutto poco utile.

Una delle tante storie che ci è stata raccontata da menti illuminate evidentemente depositarie della verità assoluta, è quella della rivalità acerrima tra Marco Mancini e Nicola Calipari.
Gente come me che quegli anni li ha vissuti di riflesso e che però ama esplorarli di tanto in tanto, si è fatta l'idea di questi due uomini, pilastri della sicurezza italiana, che come fanciulli si rincorrevano e si stuzzicavano magari facendosi i gavettoni nelle pause di lavoro.
E anche peggio.
Cioè parliamo di due funzionari che hanno contrastato la criminalità nei suoi aspetti più efferati dalla ndrangheta al terrorismo e che si sarebbero ritrovati per caso fianco a fianco a difendere la nazione ma con visioni diverse ed ambizioni simili.
Il Calipari quasi fuggito dalla polizia sbattendo la porta si ritrovò in un covo ancor più infido a combattere con un Mancini rissoso e vendicativo persino imposto dalla politica.
E dietro di loro c'era un tizio, il generalone della finanza, che si godeva la scena come un puparo.
Questo è quanto, tra le altre cose, esce dagli archivi dei giornali e si intuisce dai (non tanto) velati riferimenti di chi dice di esserci stato o di sapere.

Queste sono storie buone per il grande pubblico o per chi si accontenta.
Non per chi ha sete di verità e giustizia per le vittime e desiderio di conoscenza degli eventi nel contesto.
Se veramente questi due uomini che sono in fondo eroi moderni con tutti i limiti imposti dalla natura umana, avessero trascorso il tempo a farsi la guerra allora l'Italia di oggi sarebbe messa decisamente peggio di quello che sembra.

Sono dieci anni e più che corriamo dietro a vicende che hanno segnato la storia della nostra nazione ma non il nostro essere nazione.
Che senso ha ?


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