sabato 28 marzo 2015

Processo all'odio travestito da jihad .

L’operazione Damasco portata a termine lo scorso settembre dal Sipa agenzia di stato bosniaca dedita al crimine organizzato che poggia su fondi europei e donazioni dei governi dei Paesi con cui collabora, ha avuto il grande pregio di smantellare una rete criminale di pseudo salafiti ampiamente nota alle polizie di tutto il mondo ma i cui meccanismi operativi e strutturali erano ancora difficili da decifrare .
Compravendita di armi, collegamenti con nazioni vicine inclusa la nostra, finanziamenti esteri.
Tutto quello che una investigazione può portare allo scoperto per essere d’aiuto affinchè certi traffici vengano stroncati per un lasso di tempo utile, è stato ampiamente cristallizzato.

La parte più difficile viene adesso che si è entrati in tribunale.
Inchiodare Hussein Bosnic detto Bilal alle proprie responsabilità di istigatore e reclutatore non è compito facile per la pubblica accusa perché le parole e i pensieri sfuggono alle leggi antiterrorismo ma si servono di quelle sulla libertà di espressione e perché il processo si svolge in un clima di paura.
Il pubblico ministero Dubravka Campari si dice comunque tranquillo e con la coscienza a posto dopo aver elencato con rigore  e logica nel suo atto d’accusa il modo in cui le parole di Bosnic hanno spinto verso una morte tanto immotivata quanto ingiusta decine di giovani partiti per immolarsi in Siria.
Il consulente dell’accusa che è uno dei massimi esperti di questi fenomeni ha analizzato centinaia di sermoni e discorsi prodotti sotto forma di video e testi nei quali vi è l’incitamento alla jihad .
Bosnic opera estrapolando versi coranici e detti profetici dal contesto storico e dalle vicende a cui sono riferiti. Il risultato è un lavaggio del cervello fatto di proclami d’odio contro cristiani ed ebrei e soprattutto contro l’occidente.
L’imam bosniaco presenta la jihad come condizione essenziale per essere considerati musulmani.
E la jihad odierna è quella in Siria. Dopo essere stato fermo sostenitore di Osama bin Laden, si è messo al servizio del califfo.
Gira per i villaggi dei balcani e si reca ovunque gli vengano offerti ospitalità e ascolto.
Non è un caso che sia passato anche in Italia. Ha creato una rete che va da Vienna a Dusseldorf senza disdegnare i Paesi del nord Europa e le sue casse sono alimentate da donatori dei Paesi arabi. Ufficialmente si contano 150 combattenti mandati in Siria. Di questi almeno trenta sarebbero morti e cinquanta sono tornati. Molti di essi sono già sotto inchiesta per terrorismo.
Campari conta di ottenere condanne dai cinque ai venti anni.
Per adesso tutti gli arrestati dell’operazione Damascus sono tornati liberi e di nuovo hanno messo in moto la macchina della guerra. Trafficano in armi. Organizzano campi di addestramento in Bosnia e allertano i loro contatti in Turchia quando c’è da mandare qualche ragazzo a morire.
Per Bosnic si è riuscito ad ottenere che rimanga in carcere ma il provvedimento deve essere rivisto ogni due mesi. Il prossimo termine è a fine Aprile.
Tenerlo dentro è importante per dare un segnale. La sua rete è imponente ma nessuno ha il suo carisma.
Il suo avvocato obietta che questo è un processo alle intenzioni e ha valenza politica.

Bilal Bosnic ha distrutto intere famiglie.
Straziante è stata la testimonianza in aula di genitori che da un giorno all’altro si sono ritrovati figli che li consideravano impuri o miscredenti e degni solo di disprezzo.
Hanno saputo della loro morte attraverso una chiamata via Skype dalla Siria.
Molti di questi genitori hanno chiesto giustizia alla corte.
Altri si sono mostrati più distaccati. Hanno detto che non è stato Bilal a mandarli verso un tragico destino. Forse sono stati intimoriti oppure abbracciano quella versione dell’Islam.
La paura è il filo conduttore della fase dibattimentale.
Si temono attentati o ritorsioni da parte dei seguaci di Bosnic.
Sono ammesse le riprese delle udienze ma non la presenza del pubblico in aula.
La corte e l’accusa sono sotto scorta.
Qualche settimana fa c’è stata una incursione in una moschea ritenuta moderata e lontana da certe interpretazioni. Le indagini sono in fase di svolgimento ma i soggetti fermati sono sostenitori di Bosnic il che lascia poco spazio alle conclusioni.
Vogliono spaventare i musulmani cosiddetti moderati.
L’importanza di questo procedimento sta nel fatto che per la prima volta la Bosnia si trova davanti ad una realtà che per decenni ha fatto finta di non vedere.
L’Islam predicato da Bosnic non è il vero Islam.
Non è la religione praticata da una larga fetta della popolazione.
Il wahabismo predicato dall'imam itinerante è una versione perversa e di comodo che sta distruggendo l’intera società.
Una condanna per quest’uomo e per quelli che lo supportano deve essere esemplare.
Deve rendere chiaro che nessuno può manipolare i pilastri della religione islamica e tantomeno mandare gente al massacro spacciandolo per jihad.

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