mercoledì 17 dicembre 2014

Sapeva tutto o quasi

Dell’attività del Sisde nelle carceri, Mori ha spiegato di aver parlato con l’allora ministro dell’Interno, Giuseppe Pisanu, nei loro incontri periodici, anche se nei colloqui tra i due non si sarebbero fatti i nomi delle operazioni svolte, nè dei boss detenuti da ”attenzionare”.
Quanto al fatto che l’autorita’ giudiziaria sarebbe stata tagliata fuori dalle operazioni, l’ex capo del Sisde avrebbe spiegato che non c’era da parte degli 007 obbligo di riferire ai magistrati a meno che non fosse emerso – cosa che non e’ successa – qualche elemento particolare. E che comunque era il Dap che doveva avere contatti con l’autorita’ giudiziaria.
loraquotidiano


Non c'è dubbio che Mori e i suoi uomini abbiano agito seguendo le regole.
Quello su cui ci si deve interrogare è la logicità di queste regole e di certi meccanismi.
Come si chiedeva a suo tempo Galullo a proposito del famigerato attentato sventato a Reggio, che significato ha programmare controllo del territorio ed investigazioni se poi fresco fresco si fa per dire, arriva l'agente segreto che forte di mezzi e procedure al di sopra delle normali operazioni di polizia giudiziaria  piazza la soluzione del caso su un piatto d'argento ?
E tutta questa autonomia che i servizi in fondo hanno, non rischia di complicare ancora di più una investigazione ?
Senza contare il risvolto negativo, che cioè spesso e volentieri polizia e carabinieri beccano applausi e medaglie mentre i servizi vengono anche calunniati e accusati di aver compiuto nefandezze.
Dal racconto di Mori sembra che sia tutto sconnesso.
Il sisde ha facoltà di decidere autonomamente se fare nomi o meno e a chi.
Ci dovrebbe essere un controllo centralizzato anche a tutela degli agenti.

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