venerdì 8 agosto 2014

Nel Paese di Greta e Vanessa





Stavo pensando stanotte che se avessi una figlia vorrei che fosse esattamente come le due ragazze rapite. Stupida, ingenua, sognatrice.
Forse perché anch’io ero così alla loro età.
Però viaggiavo comodamente in prima classe e andavo in Paesi ricchi.
E anche perché è dai grandi fallimenti che si impara a vivere la vita.
Prima si prendono le batoste e meglio è.

Scorrendo il cumulo di idiozie scritto da giornalisti e saggi su questa vicenda si comprende come due ragazzine senza arte né parte e senza il supporto di una organizzazione vera e propria, siano andate tanto lontano per cambiare il mondo.
Nessuno gli ha insegnato che se si parla di cambiamento allora qui in Italia c’è tanto da fare.
E’ difficile essere orgogliosi di far parte di un Paese in cui un ministro sbatte fuori un extra-comunitario senza nemmeno sapere cosa abbia veramente detto.
Un Paese in cui le vicende estere vengono narrate solo a Ferragosto e Natale quando non ci sono mostri da piazzare in prima pagina.
Il Paese dove il primo straniero che si compra alle svendite una compagnia di volo, manda a casa centinaia di persone e dice che questa diventerà “più sexy”.
Dove due coppie si litigano due gemelli cresciuti nel grembo sbagliato.

Come facciamo a dire a due ragazzine che sono nate e cresciute in un Paese così strampalato, che avrebbero dovuto essere più mature e magari che se volevano salvare il mondo potevano andare a Lampedusa o a Cesano Boscone e rimboccarsi le maniche ?
Quel viaggio in Siria così disorganizzato forse è la meta migliore che si potessero scegliere due ragazze cresciute nell’incoscienza di una patria bislacca.
Greta e Vanessa sono l'assetto più prezioso sul quale l'Italia può al momento puntare.

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