Alla morte di Margaret Thatcher, personaggio controverso ma rispettato, fece scalpore il rifiuto degli organi dirigenti delle squadre che giocavano all'old trafford, tempio del calcio a Manchester, di tributarle il rituale minuto di silenzio.
Il primo ministro Inglese non amava in modo particolare lo sport, tantomeno il calcio.
Non ne capiva la logica, la funzione all'interno di una società strutturata così come la concepiva lei.
All'indomani della strage dell'Heysel fu costretta a comprendere i meccanismi che muovevano le fila dello sport e a prendere provvedimenti drastici.
E tra i vari automatismi che stanno alla base del tifo, il disagio sociale era quello che più influenzò il calcio degli anni ottanta in Inghilterra.
Disoccupazione, povertà, ignoranza, contrasti religiosi.
Erano questi i fattori alla base della violenza che si scatenava allo stadio in Gran Bretagna.
Dopo l'Heysel ci fu Hillsborough.
Un'altra tragedia che vide sotto accusa questa volta la polizia Inglese e la sua incapacità di reagire in una situazione di emergenza estrema.
Nel tentativo di far defluire con la massima celerità i tifosi, non pensarono ad avvertire gli operatori all'interno dello stadio in modo da razionalizzare i flussi.
L'apertura improvvisa dei cancelli scatenò la carneficina.
Si è molto parlato all'indomani dei fatti di Roma del cosiddetto modello Inglese e della sua applicazione qui da noi.
E' indubbio che le misure prese dal ministero dell'interno Britannico all'indomani dell'Heysel, hanno costituito un modello da seguire per molte nazioni.
Ancora oggi esse sono oggetto di studi ed incontri tra le varie federazioni e polizie Europee.
Ma se pensiamo che copiarlo di sana pianta risolverà i nostri problemi, allora non lo conosciamo o non ne abbiamo capito la logica.
Il modello Inglese si basa sulla comprensione dei fattori che scatenano la violenza e sulla pianificazione di adeguate politiche di prevenzione e repressione.
L'elemento su cui hanno puntato l'attenzione gli Inglesi e tutte quelle nazioni affette dal tifo violento, è stato innanzitutto il rafforzamento del legame tra tifoserie, società e forze dell’ordine.
Le frange violente faranno tanta più fatica a penetrare il tessuto sano della tifoseria, quanto più questo sarà unito nel nome di valori positivi e vedrà la polizia come un alleato e non come un nemico.
Un errore che fecero ad esempio gli organizzatori degli Europei in Ucraina fu quello di far pubblicare la notizia che la polizia avrebbe avuto in dotazione cani addestrati a mordere i testicoli.
Più che spaventare i violenti, questa mossa rafforzò il senso di vittimismo e coesione anche con i tifosi pacifici, quelli che di solito vanno allo stadio solo per divertirsi.
Bisogna individuare inoltre le radici vere del malcontento che genera violenza e che possono essere diverse anche nell’ambito di una stessa nazione.
Agli Europei in Polonia regnava un forte risentimento contro gli Ebrei.
In Scozia la violenza è legata a questioni di tipo religioso e tribale.
In Inghilterra l’abuso di alcohol e droghe tra disoccupati e facinorosi era cosa normale negli anni ottanta e novanta.
Nel Nord Europa i nazi-fascisti sono legati a doppio filo con le tifoserie calcistiche.
Una volta individuate le cause, bisogna elaborare una serie di norme che puniscano i comportamenti tenuti nell’ambito della partita e non solo.
In Inghilterra e in Irlanda vi sono leggi che regolano la violenza o l’odio espresso dai tifosi nei bar dove sono riuniti per guardare le partite.
E certi comportamenti sono puniti anche quando tenuti all’estero.
Le norme non devono riguardare comportamenti generici ma devono costituire un aggravante se espressi in ambito sportivo.
Per quello devono essere punibili anche i giocatori in campo.
L'odio razziale nel corso di una manifestazione sportiva deve essere sanzionato con pene maggiori.
Le leggi cioè non devono lasciare molta discrezionalità al giudice.
Per essere efficaci devono essere circoscritte e dure.
Il tifoso dopo essere stato punito, deve essere anche riabilitato ovvero rieducato.
Deve partecipare a quegli incontri periodici che si tengono tra club e polizia e deve essere indotto a raccontare la sua esperienza per convincere i tifosi ma soprattutto se stesso, che il suo comportamento era sbagliato.
Poi vi è tutta una serie di misure repressive che va dalla schedatura dei facinorosi alle telecamere nello stadio.
Questo ha generato il disprezzo dei club per la Thatcher.
L’hanno accusata di aver distrutto lo sport, ma forse sarebbe meglio dire che pur pagando un prezzo altissimo, lo ha salvato.
In tutto ciò la polizia ha un ruolo fondamentale.
Per questo dovrebbe essere sviluppata di pari passo una vera riforma delle forze dell’ordine che dia loro maggiori poteri sul territorio e minore dipendenza dalla classe politica.
La figura del commissioner nei Paesi Anglosassoni potrebbe essere una chiave di svolta per molte questioni in Italia.
Si tratta di un ex appartenente alle forze dell’ordine eletto direttamente dalla popolazione o dai consigli locali, che ha il compito di regolare il budget della polizia in una provincia e di tenere sotto controllo i comportamenti illeciti dei poliziotti.
Fa da tramite tra i cittadini di un determinato distretto e la polizia.
Questo schema di controllo e trasparenza è molto importante nella gestione della criminalità legata al tifo violento.
Il cittadino diventa il migliore alleato della polizia.
A sentire i vertici di federazione, polizia e ministero dell’interno, molte di queste soluzioni sono state in parte messe in atto in Italia da un po’ di anni a questa parte.
E ricordando quanto riferito in merito all’episodio specifico dal buon Parente dagli occhi di ghiaccio e dall’Aisi di Napoli, il problema se non evitabile, poteva essere almeno tamponato in maniera più efficace.
Perché se i mezzi li abbiamo, non riusciamo ad essere incisivi ?

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